A Milano si è parlato di itanglese… e di come affrontarlo

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Ieri sera la biblioteca Valvassori Peroni di Milano ha ospitato la presentazione del libro di Antonio Zoppetti “L’etichettario“, alla presenza dell’autore stesso e della giornalista e scrittrice Valeria Palumbo. , introdotti dalla direttrice della biblioteca Rosa Gessa, che ha fatto gli onori di casa.

Più che del libro in sé, si è parlato della problematica a cui esso vuole rispondere: l’itanglese. Che cos’è?…




Be’, Zoppetti ne ha dato una dimostrazione piuttosto efficace:

Dopo il beginning di un’ipotetica Divina Comedy, ecco una definizione più precisa, durante la cui lettura in sala venivano distribuiti dei “filtri” che una volta srotolati contenevano ciascuna un anglicismo con la sua alternativa:

A questo punto si è entrati nel vivo dell’argomento, con Valeria Palumbo che ha cominciato “interrogando” Zoppetti sulla traduzione “a bruciapelo” di alcuni anglicismi comuni. L’interrogato si è comportato bene, rispondendo alle domande e dimostrando così che anche con alcuni termini che molti di noi considerano intraducibili, “l’italiano ha una possibilità”. Questo dà lo spunto per trattare la differenza l’odierno fenomeno e, ad esempio, la presenza dei francesismi nell’italiano di qualche decennio fa. Una differenza abissale per quantità, qualità e rapidità di crescita…

 

Quali le possibili soluzioni? Una può essere l’adattamento, un’altra la traduzione con parole esistenti, che tutte le grandi lingue europee (e non solo) continuano a seguire ma l’italiano non più. Un simpatico aneddoto sul topo di un professore rende bene l’idea:

 

Interessanti sono le ipotesi sul motivo per cui oggi in Italia questa strada, normale per secoli, non sembra più percorribile: un complesso d’inferiorità collettivo nei confronti di una lingua, l’inglese, ritenuta superiore e un desiderio di risultare più colti utilizzando un anglismo. In realtà – e Zoppetti lo ribadisce – spesso chi abusa di parole inglesi parlando in italiano, l’inglese lo conosce poco e male.

Il duetto dei due scrittori ha permesso di toccare in modo vivace e mai noioso, nell’arco di un’ora circa, tutti i principali punti che permettono di capire come mai questo fenomeno è di portata storica e ci interessa tutti. Ne è scaturito anche un piccolo dibattito, con diverse domande da parte del pubblico. Proprio dalla sala si è sottolineato come l’abuso degli anglicismi in campi cruciali come l’economia, renda impossibili a molti capire chiaramente i contenuti della cronaca e delle discussioni politiche su temi così importanti. Un “inglesorum” che a volte sembra usato ad arte per edulcorare pillole amare o rendere oscuro il dibattito politico.

L’Etichettario, la sua versione in linea estesa e gratuita e il grande lavoro di ricerca alla base di queste opere, sono solo una prima risposta con cui Antonio Zoppetti ha voluto far emergere il problema e fornire delle possibili alternative che ognuno potrà valutare, usare e far circolare.

Ma questo ha tutta l’aria di non essere un punto di arrivo, bensì l’inizio di una battaglia culturale di consapevolezza rivolta a tutta la comunità italoparlante.

 

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