Elezioni: FdI vuol promuovere l’italiano all’estero, ma in Italia punta su inglese e università bilingue

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Dopo il programma di coalizione, Fratelli d’Italia – partito dato per favorito alle elezioni Politiche italiane del 25 settembre 2022 – ha pubblicato il proprio. Una serie di punti che dettagliano la visione del partito per governare il Paese nei prossimi cinque anni.

Siamo andati alla ricerca di temi linguistici all’interno del testo del programma.

La parola “lingua” la troviamo la ritroviamo la prima volta al punto 5, “Made in Italy e Orgoglio italiano”. Sorvolando sull’anglicismo indicante l’eccellenza italiana, ormai purtroppo entrato nel linguaggio comune da tempo, ecco la frase che parla della nostra lingua:

Valorizzazione della lingua italiana all’estero, difesa dell’italianità, della cultura e dei simboli italiani nel mondo.

Questo punto ci vede senza dubbio d’accordo. La nostra lingua è una enorme potenzialità sprecata, e un veicolo straordinario per attirare persone innescando meccanismi virtuosi utili all’intero sistema Paese.

Non si fa però alcuna menzione dell’italiano in Italia. Della lingua italiana in Costituzione, proposta fatta dalla massima esponente del partito, Giorgia Meloni, il Dantedì del 2021. Della politica linguistica proposta in passato da Rampelli e Mollicone. Nulla di tutto questo. Il nome del nostro sommo poeta ricorre una sola volta, parlando di turismo: “Fare un viaggio nella Patria di Dante è il sogno di tutti gli stranieri.”

Convenienza politica per evitare di offrire il fianco a possibili accuse di nostalgie fasciste (uno dei luoghi comuni che in Italia vengono in mente quando si parla di politiche linguistiche)? Eppure quando si parla di Dio, Patria e Famiglia (che prima di Mazzini fa venire in mente Mussolini) non ci si fa molte remore.

Sul fronte interno si parla in effetti di lingua… ma della lingua inglese.

Al punto 8, che parla di Scuola, Università e Ricerca, leggiamo:

Raggiungimento dell’obiettivo della piena padronanza della lingua inglese per tutti gli studenti, anche incentivando lo svolgimento di una parte del percorso di formazione all’estero.

E sulle università:

Potenziamento dei corsi in doppia lingua.

Dove l’altra lingua è evidentemente l’inglese. Come se i corsi universitari in inglese in Italia mancassero. Più del 10% dei corsi oggi sono in lingua inglese, il Politecnico di Milano nel 2020 aveva attivi 27 corsi di laurea magistrale solo in inglese (si 40), 9 solo in italiano, gli altri in doppia lingua. La motivazione ufficiale è attrarre studenti stranieri. Lo stesso Politecnico lo scorso anno si è reso conto dell’ovvio: molti studenti stranieri, dopo aver studiato tre o cinque anni a Milano, andavano a lavorare altrove perché senza parlare una parole di italiano non riuscivano a inserirsi nel mercato del lavoro. E dunque ha reso obbligatoria una prova di lingua italiana per tutti gli studenti stranieri prima di poter conseguire la laurea di un corso in inglese. All’Università del Salento di recente è stato disattivato un corso in inglese, riconvertendolo in italiano, perché non c’erano più iscritti.

Sia chiaro: non abbiamo nulla contro lo studio della lingua inglese, strumento utile per tutti e indispensabile in molti campi, ma ciò che non apprezziamo è la sudditanza che lo fa  percepire come competenza superiore a qualsiasi altra. Sempre Fratelli d’Italia, nelle “Tesi di Trieste” del 2017, si era spinta a scrivere che  “elemento irrinunciabile, se vogliamo dare ai giovani italiani delle prospettive di crescita lavorativa e sociali, è la creazione di una generazione pienamente bilingue, con la perfetta padronanza della lingua inglese”.

In diverse professioni l’inglese non serve per nulla, o non è indispensabile. In molte altre serve, ma non è necessaria la “piena padronanza” o una particolare fluidità nella lingua. In alcune, infine, è invece molto importante. In tutti i casi, la conoscenza dell’inglese viene comunque dopo le competenze professionali (che si acquisiscono meglio studiando nella lingua materna) e quelle trasversali. Per la stragrande maggioranza dei laureati, che lavorerà in Italia, ciò che sarebbe indispensabile è conoscere l’italiano. Mentre ormai ci sono medici italiani che hanno studiato in Italia esclusivamente in inglese e non conoscono la terminologia medica italiana necessaria per comunicare con colleghi e pazienti. Anche a questi andrebbe fatto un bell’esame di italiano scientifico prima di rilasciare il diploma di laurea.

Ci chiediamo come un partito che parla di promuovere addirittura un “nuovo risorgimento” italiano possa omettere di citare nel proprio programma delle politiche attive per la salvaguardia e la promozione della lingua italiana in Italia, dove grazie a scelte scellerate sta perdendo il suo ruolo di lingua accademica (ma sembra se ne parli solo in Svizzera), di lingua del lavoro, della ricerca scientifica, con un lessico incapace di formare neologismi che non siano copiati  e incollati dall’inglese. Nemmeno la parte politica che più parla di nazione ha fiducia nella lingua nazionale.

L’Italia è l’unico Paese (a parte quelli ex-colonizzati) che combatte la propria lingua, limitandone l’uso e svilendola in ogni modo. Nel mondo, su quasi 8 miliardi di persone, solo 500 milioni sono di madrelingua inglese. In 1 miliardo lo studiano, ma di questi solo una percentuale tra il 20 e il 30%  ha competenze di livello B1 o superiore. Il mondo resterà a lungo (o per sempre?) plurilingue, e nessuno rinuncia alla propria lingua: perché dovremmo farlo noi?

Promuovere l’italiano all’estero senza alimentarlo e difenderlo in patria (parola cara e Giorgia Meloni) significa avere una visione miope. Perché sarà sempre più difficile promuovere all’estero lo studio di una lingua via via meno utile per comunicare, studiare e lavorare. Persino in Italia.

Non sei d’accordo? Agisci!

Se volete far sapere a Fratelli d’Italia e agli altri maggiori partiti candidati alle prossime elezioni Politiche che per voi la tutela e lo sviluppo dell’italiano in Italia è importante, potete aderire qui alla nostra campagna #votaperlitaliano.

Inoltre in fondo alle pagine del programma sul sito di Fratelli d’Italia si può scrivere un suggerimento. Vi invitiamo a suggerire l’inserimento di politiche per la tutela della lingua italiana in Italia: sul lavoro, nel linguaggio istituzionale, nelle scuole, università e nel mondo della ricerca.


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