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La Rai (radiotelevisione pubblica italiana) annuncia l’arrivo di un telegiornale in lingua inglese che verrà proposto dal lunedì al venerdì alle 13.30 sul canale di informazione Rainews24 e, alle 14.30 nel mondo sul canale satellitare Rai Italia. Non vediamo nulla di male nell’introdurre notiziari in lingue diverse dall’italiano. Dallo scorso marzo alle 15:00 va in onda anche un TG in lingua ucraina, ad uso dei tanti rifugiati di quel Paese in Italia a causa della guerra, così come per i più piccoli i canali Rai dei ragazzi propongono anche alcuni cartoni animati in ucraino.
La cosa che ci ha stupito è la motivazione addotta, che si può leggere in un comunicato dell’ufficio stampa dell’azienda. Fabrizio Ferragni, Direttore dell’Offerta Estera della Rai, dichiara: “Era per noi fondamentale raggiungere i nostri connazionali all’estero unendo informazione e qualità. [Il TG] avvicinerà i nostri connazionali residenti oltrefrontiera, gli oriundi e gli italiani di terza e quarta generazione. Un bacino di possibili utenti che supera i 250 milioni ai quali dobbiamo garantire un corretto e continuo flusso di immagini e notizie. Il cammino intrapreso con Rainews24 è perfettamente in linea con ciò che ci richiedono dai cinque continenti”.
Ora, iniziamo col dire che c’è un po’ di confusione sui numeri: gli oriundi sono stimati tra i 60 e gli 80 milioni, gli italiani residenti all’estero sono circa 5 milioni, mentre 250 milioni è il numero che Piero Bassetti indicava in riferimento ai cosiddetti “italici”, comprendenti anche persone che si riconoscevano nello stile di vita italiano. Dopodiché, ci piacerebbe saper qualcosa in più su ciò che viene richiesto “dai cinque continenti”. Davvero la priorità è un notiziario in inglese?
Ci lascia dubbiosi, non solo perché i pareri che raccogliamo da alcuni nostri corrispondenti oriundi sono di segno opposto, ma perché guardando la distribuzione geografica e linguistica del potenziale pubblico di questa iniziativa, la scelta ci appare strana.
Qui sotto potete vedere una tabella con il numero approssimativo di discendenti di italiani divisi per Paese di residenza:
Proviamo a raggruppare le comunità in base alla lingua del Paese di residenza (di norma prima lingua delle seconde, terze e quarte generazioni).
Spagnolo: 27.420.000 (Argentina+Colombia+Uruguay+Perù+Venezuela
+Messico+Paraguay+Cile+Costa Rica)
Portoghese: 27.200.000 (Brasile)
Inglese: 20.111.335 (Stati Uniti+Canada+Australia+Regno Unito)
Francese: 4.290.000 (Francia+Belgio)
Tedesco: 1.227.817 (Germania+Svizzera)
Per semplicità abbiamo considerato gli oriundi canadesi tutti di lingua inglese, quelli belgi tutti francofoni e quelli svizzeri tutti germanofoni.
Risulta chiaro che la lingua più rappresentata è lo spagnolo, seguito dal portoghese, mentre l’inglese è solo in terza posizione. Anche geograficamente notiamo una preponderanza del Sudamerica (oltre 50 milioni di persone).
Allargando lo sguardo agli italiani residenti all’estero (dati AIRE) vediamo che le comunità più numerose sono in Argentina, Germania, Svizzera, Brasile e Francia, dunque nessuna nazione anglofona. Ma in questo caso si tratta di persone di madrelingua italiana, che non si capisce perché dovrebbero essere interessate a notizie dall’Italia in inglese.
Il notiziario in inglese, ripetiamo, è il benvenuto, sperando che l’esperimento riesca meglio di altri tentativi del passato, chiusi dopo qualche mese. Quello che come al solito ci lascia amareggiati è invece la mancanza di visione, dettata da ragionamenti che si basano su luoghi comuni. Come quello dell’inglese “lingua del mondo“. L’inglese, per vari motivi, è oggi la lingua straniera più diffusa e studiata, ma il mondo resta saldamente plurilingue dato che il 95% degli ormai 8 miliardi di esseri umani sul pianeta non è di madrelingua inglese. Novantacinque percento. Ne abbiamo parlato qui.
Se desidero raggiungere comunità specifiche, e attrarre persone che non sono obbligate a seguirmi per imposizioni lavorative o accademiche, dovrò necessariamente usare la loro lingua. Nel caso della diaspora italiana, lingue come spagnolo, portoghese o tedesco potrebbero essere più utili dell’inglese.
La Rai inoltre potrebbe sostenere con più efficacia quella strategia di diffusione dell’italiano all’estero, grazie proprio alle comunità degli italodiscendenti, annunciata da Giorgia Meloni nel proprio discorso di insediamento.
In Italia invece diamo sempre più per scontato che nel mondo tutti abbiano tempo e voglia di mettersi ad ascoltare notizie in una lingua, l’inglese, che magari hanno studiato a scuola molti anni prima, o che parlano una volta l’anno per ordinare da mangiare in qualche ristorante durante una vacanza all’estero. Dimenticando che le persone preferiscono usare la propria lingua madre, per informarsi, per fare acquisti, per l’intrattenimento. È più probabile che un cinese guardi un documentario sull’Italia realizzato in Cina in mandarino piuttosto che un prodotto simile fatto in Italia ma in inglese. Ai tempi dell’annuncio di un canale Rai solo in inglese (naufragato dopo tre anni di tentativi di lanciarlo) facemmo notare che la BBC britannica diffonde notiziari in 45 lingue, e Paesi come Francia e Germania hanno canali internazionali in più lingue. I governi italiani, per contro, usano solo l’inglese persino per lanciare una campagna internazionale di promozione dell’Italia nel mondo.
Forse è giunto il tempo di diventare davvero internazionali e allargare la mente ai quei 7 miliardi e mezzo di persone per le quali l’inglese, semplicemente, non basta.
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