Commercio elettronico: il 40% dei clienti compra solo da siti nella propria lingua

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L’inglese è la lingua unica del commercio globale? Dal punto di vista dei consumatori, decisamente no. Uno studio dell’istituto di ricerca statunitense CSA Research ci racconta infatti una realtà ben diversa.  La ricerca, dal titolo “Can’t Read, Won’t Buy” (Non capisco, non compro) condotto nell’edizione 2020 su un campione di 8709 consumatori di madrelingua non inglese, in 29 Paesi tra cui Italia, Brasile, Cina, Francia, Germania, India e Spagna, mostra come i clienti preferiscano prendere decisioni d’acquisto basate su testi nella loro lingua madre piuttosto che in una lingua straniera (tipicamente l’inglese).

Ecco alcuni dei dati evidenziati dalla ricerca sul campione:

  • Il 40% non compra da siti in una lingua diversa dalla propria.
  • Il 65% preferisce contenuti nella propria lingua madre.
  • Il 73% vuole leggere recensioni del prodotto/servizio nella propria lingua.

Unendo a questi punti i dati dell’edizione 2014 dello stesso sondaggio, possiamo ulteriormente arricchire il quadro:

  • Il 30% dei rispondenti non compra mai da siti in inglese.
  • Un altro 30% compra raramente da siti in inglese.
  • Il 56% non legge siti di nessun genere in inglese o comunque visita soprattutto siti nella propria lingua.
  • Il 75% esige che le informazioni sui prodotti siano nella propria lingua.
  • Il 66% di chi compra in inglese dice di usare traduttori automatici per comprendere i contenuti

Conferme a questi dati arrivano da altre ricerche, in campo farmaceutico riguardo alla localizzazione dei foglietti illustrativi dei farmaci, e dall’Unione europea. Quest’ultima, in un rapporto del 2012, indicava come nove cittadini su dieci leggessero in Rete contenuti nella propria lingua ogni qualvolta fossero disponibili. Se non disponibili, il 47% dichiarava di abbandonare il sito. Pur avendo una qualche conoscenza dell’inglese, moltissime persone si sentono più sicure nel prendere una decisione importante – ad esempio un acquisto – solo nella propria lingua madre.

Dunque, sebbene l’inglese sia oggi la lingua in cui è scritta la maggior parte dei contenuti in Rete (circa il 60%, pur essendo la lingua madre solo del 6%), questi dati ci dicono che il mondo resta saldamente plurilingue, e che questo plurilinguismo si riflette anche nel mondo del commercio. Di conseguenza, avere un sito tradotto in più lingue, porterà probabilmente più soldi nelle casse dell’azienda. Lo stesso vale per i negozi fisici. In molti negozi di moda di Milano è richiesta a commessi e commesse la conoscenza del russo, dato che dalla Russia vengono la maggior parte dei clienti più facoltosi dei grandi marchi italiani.

Le lingue dunque hanno un peso economico, proporzionale a quello dell’economia che rappresentano. L’italiano, che in Italia viene spesso considerato poco importante, è la lingua dell’ottava economia del mondo, la terza in Europa. Un mercato di rilievo, che dà all’italiano un’importanza commerciale superiore a quella di lingue più diffuse e più parlate a livello globale. Questo si riflette, per esempio, nella precedenza data alla traduzione di servizi e applicazioni in alcune lingue prima che in altre, tema che abbiamo trattato in un nostro articolo.

Naturalmente tutte le lingue meritano rispetto e considerazione, tutte sono portatrici di cultura e di una visione particolare del mondo, ma vorremmo che la consapevolezza che la nostra lingua resta una delle principali a livello economico fosse uno stimolo a combattere quel complesso d’inferiorità collettivo che porta sempre più italiani a vergognarsi della propria lingua e farla arretrare in campo tecnologico, universitario, scientifico e professionale. I parlanti italiano sono anche consumatori, e come consumatori possono esigere che le aziende comunichino con loro in (un buon) italiano. Hanno ottimi argomenti per farsi ascoltare.

 

> APPROFONDISCI: Attivisti dell’italiano, cosa può fare un comune cittadino per l’italiano

Copertina: Foto di StockSnap da Pixabay

 


 


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