Ora siamo 8 miliardi. E il 95% di noi non è di madrelingua inglese

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Qualche giorno fa l’ONU ha stimato che il numero di persone nel mondo abbia toccato quota 8 miliardi. Una pietra miliare nella crescita del genere umano (nel 1950 eravamo due miliardi e mezzo) che – pur mostrando un rallentamento nella curva di crescita che dovrebbe farci assestare sui 10 miliardi intorno al 2100 – pone molte sfide in termini di sostenibilità ambientale, energetica, economica, alimentare.

E dal punto di vista linguistico?

La lingua con più madrelingua al mondo resta il cinese mandarino, che conta circa 1 miliardo di locutori. Seguono l’hindi con 600 milioni, lo spagnolo con 500, l’inglese con 380, l’arabo con 290, il bengali con 260, il portoghese con 240, il russo (155), il giapponese (125) e poi altre lingue tra cui nominiamo il turco (82), il coreano (80), il francese (79), il tedesco (77) e l’italiano (65).

Naturalmente alcune di queste lingue sono molto più parlate e diffuse grazie al proprio ruolo di seconda lingua o lingua straniera. Ne è un ottimo esempio, il francese, che è lingua ufficiale in moltissimi Paesi africani, i quali lo portano a un numero di parlanti complessivo attorno ai 300 milioni, ma anche lo stesso inglese che è conosciuto nel mondo (a livelli differenti) da oltre un miliardo di persone che lo usano come lingua straniera veicolare per comunicare con parlanti di altre lingue.

L’inglese dunque resta la lingua internazionale più utilizzata, forse ciò che di vicino a una lingua globale sia mai esistito, ma è un dato di fatto che sia lingua materna per meno del 5% della popolazione mondiale. E il miliardo di non madrelingua che lo parla… come lo parla?

L’edizione 2022 del rapporto “English Proficiency Index” (indice della padronanza dell’inglese) di EF (Education First, attiva dal 1965 nel campo dell’insegnamento), mostra che le competenze d’inglese restano medio-basse quasi ovunque. Il colore verde chiaro indica la conoscenza moderata, il giallo bassa e l’arancione quella molto bassa:

 

Ciò significa che la maggioranza di chi conosce l’inglese, nonostante il mondo interconnesso di oggi e tutte le sue opportunità di contatto, non va oltre il lessico di base utile per chiedere indicazioni per strada o ordinare del cibo al ristorante.

Interessante notare come nella cartina qui sopra l’inglese sia conosciuto a livello molto basso in Messico, che confina con gli Stati Uniti e coi quali ha molti scambi commerciali, come sia basso o moderato in ex-colonie britanniche, come sia basso in Giappone e in Cina, tra i Paesi più tecnologicamente avanzati del pianeta, e moderato in Francia, Italia e Corea, tra le economie più grandi a livello mondiale. Dunque la diffusione dell’inglese in una nazione non ha correlazione dirette con il suo sviluppo tecnologico, scientifico, economico e neppure turistico (Stati Uniti esclusi, i Paesi più visitati al mondo sono Francia, Spagna, Cina e Italia).

Persino in ambito scientifico l’inglese inizia a prestare il fianco a critiche e ad arretrare in alcuni Paesi, dove la letteratura scientifica in lingua locale cresce di anno in anno. Sulle nostre pagine abbiamo ospitato autorevoli pareri su questo tema.

L’inglese in ogni caso ha un ruolo di lingua franca fondamentale nel mondo di oggi, ma non può essere definito “la lingua del mondo” come si sente dire spesso in Italia. Il mondo resta saldamente plurilingue, e le tendenze demografiche suggeriscono che sarà sempre più così: la crescita demografica vedrà l’India (e dunque hindi, urdu e bengali) crescere, divenendo il Paese più popoloso, davanti alla Cina, e avrà come aree con maggiore aumento di popolazione l’Africa e il Sud America, a vantaggio di lingue come francese, arabo, spagnolo e portoghese.

L’italiano dove si colloca?

La nostra lingua ha un numero di madrelingua stimato tra i 65 e i 71 milioni. Non è una grande lingua veicolare ma ha una sua dimensione internazionale data da piccoli ma vivaci Paesi dove  lingua ufficiale (Svizzera, San Marino, l’Istria croata e slovena), alla Chiesa cattolica e alla enorme comunità di italodiscendenti (oltre 50 milioni solo in Sudamerica, 70-80 in totale).

Certo la demografia non aiuta, dato che l’Italia – principale nazione italofona – da decenni affronta un inverno demografico difficile da contrastare. Tendenza negativa che si intreccia con la scarsa stima che gli italiani sembrano avere della propria lingua e della propria cultura, che si riflette nello scarso interesse nel tramandarle ai posteri attraverso nuove generazioni di italiani. Avevamo trattato l’argomento in questo articolo.

Nonostante questo, la nostra lingua resta tra le più studiate, pur non essendo la quarta lingua più studiata come ciclicamente i mezzi d’informazione ripetono (semmai, forse, la più studiata come quarta lingua, da chi ne conosce già altre tre).

 

In conclusione, il mondo resta un luogo vario e complesso, e questo, con tutte le difficoltà che comporta, resta comunque la sua forza e la sua ricchezza. Dobbiamo tenerlo a mente quando pensiamo alla nostra lingua e al ruolo che può avere nel contesto globale. Semplificare, abbiamo visto, non aiuto. Per almeno 8 miliardi di motivi.

 


In copertina: foto di -Rita-👩‍🍳 und 📷 mit ❤ da Pixabay

 

 


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