Condividi questo articolo:
L’influenza dell’inglese sull’italiano è uno dei temi caldi sul nostro portale. Questa influenza non si manifesta solo sulla nostra lingua, ma su tutte, o quasi. Si tratta di un fenomeno globale che ha alla radice un’egemonia culturale ed economica che ha nella lingua il suo riflesso. Ciò che cambia è la risposta che i vari Paesi danno a questo influsso. In Italia c’è stato un progressivo adeguamento ai modelli televisivi d’oltreoceano, tanto che sempre più spesso gli elogi alle produzioni italiane sono motivate dal fatto che “sembrano americane”. Sono tanto più belle quanto più assomigliano a quel modello.
Anche il modello distributivo statunitense si è imposto, attraverso le piattaforme digitali che offrono programmi su richiesta, come Netflix, Amazon Prime Video o Disney+ (che in Francia, Spagna, Germania, pronunciano plus e in Italia “plàs”). Le emittenti italiane hanno cercato di adeguarsi in ordine sparso, creando servizi dai nomi rigorosamente inglesi, quali RaiPlay, TIM Vision o Mediaset Infinity. Persino il Ministero della Cultura italiano ha lanciato la “Netflix della cultura italiana”, che ovviamente non si chiama in italiano ma risponde all’orribile nome di ITsART. Del resto, per certa stampa italiana la nostra “lingua poco diffusa” è una sorta di ostacolo allo sviluppo tecnologico nazionale. E mentre la BBC trasmette in 45 lingue diverse, la RAI tenta da anni di lanciare un canale tutto in inglese, “la lingua del mondo”.
Diamo un’occhiata in giro e vediamo se altrove hanno fatto scelte diverse. In Francia, pare di sì. Da qualche mese è disponibile in tutto il Paese la piattaforma “Salto“, concepita nel 2018 grazie a un accordo pubblico-privato tra la televisione di stato France Télévisions e i gruppi privati TF1 e M6. L’obiettivo dichiarato è unire le risorse per una risposta locale e ambiziosa alle nuove abitudini digitali del pubblico, ma anche rafforzare la partecipazione attiva dei singoli gruppi alle industrie creative francesi ed europee. Nonostante Netflix stia investendo sempre di più in produzioni locali, comprese quelle francesi, la lente che utilizza per giudicare è sempre quella americana. La Francia ha voluto una piattaforma che proponesse il suo punto di vista e che mettesse le produzioni francofone al centro, realmente protagoniste.
I primi segnali dal pubblico sono incoraggianti, anche se la sfida è e sarà dura. Resta però l’esempio di un Paese che non ha complessi d’inferiorità, che non si vergogna di proporre la sua lingua e la sua cultura ai suoi cittadini e al mondo. Non necessariamente da solo, e ottimi esempi di cooperazione sono il canale culturale franco-tedesco ARTE e il circuito europeo Euronews. Quest’ultimo ha un nome inglese che è una rara eccezione, dato che i francesi sono molto attenti nella scelta dei nomi di aziende e servizi, in modo che siano francesi, latini, o comunque facilmente pronunciabili da francofoni (oltre a Salto e ARTE, Stellantis, Canal Plus e Vivendi, solo per citarne alcuni). Persino pacchetti e abbonamenti non fanno eccezione, ed ecco allora che Salto non ha pacchetti Family o simili, ma abbonamenti Solo, Duo e Tribu, fruibili non da computer e smart TV ma da ordinateurs e TV connectées…
Non ci stanchiamo di ripetere che l’Italia e l’italiano hanno tutte le carte in regola per proporsi al mondo e arricchirlo con la propria cultura, la propria tradizione, il proprio cinema e un’industria audiovisiva e creativa di prim’ordine. Ma per fare questo occorre una rivoluzione culturale che faccia superare all’Italia e al suo popolo il suo radicato complesso d’inferiorità collettivo. Insomma, occorre fare un Salto oltre l’ostacolo.
Questo sito è gestito gratuitamente da volontari che ne sostengono i costi. Aiutaci donando una cifra a tua scelta:
Condividi questo articolo: