Politiche linguistiche, Francia: la legge Toubon

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In Italia quando si parla di politica linguistica, ciò che viene in mente ai più è il fascismo, che impose italianizzazioni e traduzioni forzate nell’ottica di una “guerra ai barbarismi”. Fortunatamente quella non è l’unica politica possibile, tanto è vero che diversi Paesi democratici – o le loro regioni – oggi hanno in vigore leggi che proteggono la diversità linguistica e culturale del territorio.

L’Italia non ha alcuna vera politica in favore dell’italiano, e anzi continua ad attaccare la propria lingua con leggi che ne limitano l’uso, come nel recente caso del Fondo italiano(?) per la scienza, ultimo arrivato di una triste serie. Italofonia.info appoggia l’iniziativa popolare di una proposta di legge per l’italiano di alcuni cittadini, che dal marzo 2021 giace nei due rami del parlamento di Roma, senza essere discussa.

Troviamo utile quindi passare in rassegna le politiche linguistiche di altre parti del mondo, così da avere un confronto reale su ciò che avviene altrove e sulle motivazioni che hanno portato a queste scelte. Partiamo da uno dei casi più famosi, molto noto anche in Italia: la cosiddetta “legge Toubon”, varata in Francia nel 1994.

Prima di scendere nei dettagli, vi invitiamo a guardare questo video di 4 minuti, con sottotitoli in italiano, che riassume bene lo spirito della legge, per bocca dei suoi protagonisti:

Le testimonianze riassunte nel video sfatano alcuni falsi miti sorti attorno alla legge, soprattutto fuori dai confini francesi:

  • La legge Toubon non nasce per vietare le parole straniere o l’uso di altre lingue in Francia
  • La legge garantisce il diritto dei cittadini alla lingua francese: nelle comunicazioni pubbliche, sul posto di lavoro, nell’istruzione
  • La legge vuole tutelare lo spazio della lingua francese nella scienza, nella ricerca e in altri domini, come garanzia della diversità e della ricchezza della cultura francese e come contributo a un mondo plurilingue e pluriculturale.

In parole povere: se sei cittadino francese hai il diritto di capire, quindi la tua azienda non può farti firmare un contratto di lavoro scritto solo in inglese e l’università pubblica non può costringerti a studiare esclusivamente in inglese. Si tratta di un tuo diritto. Inoltre, se la scienza e la tecnologia iniziassero a parlare solo in inglese, il francese perderebbe la capacità di esprimersi in quegli ambiti. Se lo stesso accadesse ad altre lingue, avremmo un mondo meno ricco, dominato da una sola lingua e una sola cultura.

Concetti molto semplici, che ci sentiamo di sottoscrivere. Ma andiamo ora a guardare la legge e le sue origini più da vicino.

La politica linguistica francese

La legge n. 94-665 del 4 agosto 1994, più conosciuta come Legge Toubon, in riferimento a Jacques Toubon, allora ministro della cultura del governo Balladur, arriva dopo una serie di altri provvedimenti legislativi in favore della lingua francese: il decreto del primo ministro Jacques Chaba-Delmas, nel 1972, seguito durante il governo Chirac, nel 1975, da una legge firmata Valérie Giscard d’Estaing. Nel 1984 furono invece i socialisti, visto che la difesa della lingua non è né di destra né di sinistra, a presentare un progetto di legge per vietare i forestierismi nelle pubblicità o nelle denominazioni dei contratti di lavoro, e non certo per sciovinismo, ma per “difendere l’integrità della lingua francese” sancita dalla Costituzione. Nel 1985, dopo l’istituzione di una nuova commissione (attraverso un decreto del primo ministro Pierre Mauroy) fu pubblicato un arricchimento ufficiale del vocabolario con una lista di termini proposti da utilizzare nell’amministrazione e nelle professioni, per esempio cadreur (cameraman), distribution artistique (cast), contrôle (check out), conteneur ( container).

La legge Toubon, di cui potete leggere qui il testo integrale in francese, si basa su una disposizione introdotta nella Costituzione francese nel 1992: “La lingua della Repubblica è il francese” (articolo 2). Così, la legge riconosce il diritto dei cittadini francesi, per i testi giuridici, ma anche dei dipendenti per tutte le questioni relative ai contratti di lavoro e dei consumatori per la presentazione dei prodotti, le istruzioni per l’uso e le garanzie, di esprimersi e di ricevere tutte le informazioni utili in francese.

Insomma, in Francia nessun politico può – né si sognerebbe mai – di introdurre act al posto di leggi, tax al posto di tasse, né di riempirsi la bocca di anglicismi ostentati come question time, spending review, stepchild adoption, voluntary disclosure e cose simili. E nel mondo del lavoro non appena un’azienda si stabilisce nel territorio francese, tutti, i contratti e i documenti, inclusi i programmi informatici, in francese logiciel (e non software), devono essere disponibili in francese. Alcune aziende (come la General Electric Medical Systems nel 2006) sono state condannate e multate per diverse centinaia di migliaia di euro per non aver tradotto in francese le istruzioni dei propri prodotti. Le sanzioni sono state poche ma esemplari, tanto da scoraggiare nuove infrazioni.

Interessante anche notare come la legge incentivi al plurilinguismo, contrapposto al bilinguismo francese-inglese, molto concretamente. All’articolo 4 stabilisce che, dove sia necessaria una traduzione dei termini francesi (per esempio negli aeroporti o nei mezzi di trasporto), essa debba essere presente in almeno altre due lingue. Su questo tema ci siamo già espressi in un nostro articolo, dato che le nuove carte d’identità elettroniche e il passaporto vaccinale da Covid-19 in molti Paesi (Francia compresa) vedono l’inglese come unica lingua di traduzione.

La legge Toubon ha funzionato?

Questa è la domanda che molti si pongono. E in Italia si sente spesso rispondere di no. Con argomentazioni che però paiono davvero da puristi d’altri tempi, dato che chi le sostiene sembra credere che lo scopo della legge fosse far scomparire qualunque tipo di forestierismo dalla lingua francese parlata e scritta. Cose che, come abbiamo spiegato, non è.

In passato abbiamo pubblicato l’opinione di un nostro collaboratore italiano che in Francia vive e lavora da anni, che vi invitamo a leggere per avere un punto di vista concreto e vissuto di come la politica francese si traduce nella vita quotidiana. Ma oltre a ciò è bene affidarsi il più possibile ai dati.

Nel 1988, prima della Toubon, a proposito del modello francese, Gian Luigi Beccaria scriveva:

Il suggerimento assai bello di prêt-à-manger, sul modello di prêt-à-porter, non ha sostituito fast food. L’Accademia di Francia ha proposto inutilmente di sostituire dopage a doping”.

Gian Luigi Beccaria, Italiano. Antico e nuovo, Garzanti, Milano, 1988, p. 220.

A quell’epoca, questa impressione di Beccaria era difficile da dimostrare o da confutare.

Oggi abbiamo gli strumenti per vedere se è davvero così.  Invece di esprimere giudizi basati sul “secondo me”, bisogna andare a vedere come stanno le cose. È vero: prêt-à-manger non ha avuto successo. Tuttavia, cercando fast food negli archivi di Ngram Viewer di italiano e francese, da noi ha una frequenza di sei volte superiore a quella che si registra in Francia, e lo stesso divario risulta dal confronto con il corpus spagnolo. In altre parole, all’estero usano l’anglicismo in modo sensibilmente più sporadico. Quindi, se anche una sostituzione proposta non diventa popolare, intanto c’è, al contrario di quanto accade in Italia. In secondo luogo la frequenza degli anglicismi si riduce ed è arginata, anche se non di certo eliminata.

Quanto a doping e dopage, Beccaria si sbagliava, doping era già stato arginato quando scriveva. E dopo la legge Toubon del 1994 è stato praticamente sbaragliato da dopage.

dopage e doping
La frequenza di dopage e doping.

In Francia ci sono molti precedenti di anglicismi che regredisono, diversamente da quanto avviene in Italia.

Nel 2010, Tullio De Mauro sosteneva: “Non mi pare che la legge Toubon abbia dato grandi risultati”, anche se ammetteva di non avere statistiche precise.
Nel 2016 ribadiva che i risultati sulla stampa non erano

“brillanti come può vedersi ad esempio leggendo un giornale dallo stile sorvegliato come Le Monde (…) si trovano nei titoli e negli articoli anglismi presenti anche in italiano e altre lingue” come “boombudgetmeetingfootballmarketingmatch” e persino termini “non usati” in Italia come “biopic”.

Fonte: È irresitibile l’ascesa degli anglicismi?

Ma queste impressioni sono vere?
No. Basta confrontare gli archivi di Le Monde con quelli di un giornale italiano come per esempio La Stampa (che ha reso i suoi archivi storici disponibili gratuitamente).  Con le dovute cautele che derivano dalla comparazione di archivi molto diversi tra loro:

la presenza dei termini boommeetingmarketing e match è estremamente superiore da noi, e solo budget e football sono più usate in Francia. Persino il termine biopic è utilizzato 9 volte da Le Monde e 18 volte da La Stampa.

Antonio Zoppetti Diciamolo in italiano. Gli abusi dell’inglese nel lessico dell’Italia e incolla, Hoepli, Milano 2017, p. 17.

 

Aggiungiamo qualche altro esempio sulla grande differenza della frequenza degli anglicismi tra Francia e Italia. Da noi, la parola killer nei titoli di giornale rimpiazza quasi sempre le possibilità italiane di assassinoomicida e simili. In Francia killer si usa, ma con moderazione e buon senso, non in modo stereotipato come fosse l’unica parola possibile:

 

killer
La frequenza di killer in italiano e francese.

E chi nega che Ngram Viewer sia uno strumento affidabile dovrebbe tenere presente che per prima cosa dipende da come si usa e da che tipo di ricerche si fanno: in questi esempi si dimostra piuttosto affidabile, perché se si incrociano questi risultati con quelli che emergono dallo spoglio dei giornali sono molto coerenti.

Cercando sugli archivi del Corriere della Sera (al 19 aprile 2018) ci sono 2.732 risultati per assassino e 2.679 per assassini che messi insieme non arrivano a 7.947 occorrenze di killer (per la cronaca: ci sono 1.419 risultati per omicida e anche includendo questa variante la somma delle parole italiane è inferiore a quella dell’anglicismo). Le stesse ricerche su Le monde confermano i dati di Ngram: dal 1998 a oggi ci sono 4.944 documenti per tueur4.212 per assassin e 1.473 per killer.

Passando a un altro parametro ancora, se si cerca doping sulla Wikipedia francese (che cito come un indicatore di popolarità e non di autorevolezza) si viene rimbalzati alla voce dopage, e questo avviene per moltissimi altri anglicismi: conteneur e non containercadreur e non cameraman… e così il computer è ordinateur, il software è logiciel… Persino le sigle, noi preferiamo tenercele così come ci arrivano dagli Stati Uniti, invece di adattarle alla nostra lingua. In Francia si parla di SIDA (Sindrome di ImmunoDeficienza Acquisita, come si dice in spagnolo e in portoghese)  e non di AIDS, di OVNI (Oggetti Volanti Non Identificati) e non di UFO, e il DNA è ADN (Acido DesossiriboNucleico).

Questa è la realtà.

Poi ci sono anche i casi in cui le sostituzioni non sono diventate popolari, come fouineur invece di hacker o frimousse invece di smile, ma se non altro esistono, si producono alternative non inglesi e i parlanti sono liberi di scegliere. Mi pare già un buon risultato, visto che in italiano ci mancano le parole e la possibilità di scegliere, a proposito di “imposizioni” e di democrazia.

In conclusione:  l’opinione diffusa che la politica linguistica francese non ha funzionato è una notizia falsa, una bufala. L’anglicizzazione in Francia non è certo assente, ma non è assolutamente paragonabile a quella dell’Italia.

Una politica linguistica in Italia è possibile?

Noi non smettiamo di crederci. Per questo sosteniamo una proposta di legge per l’italiano venuta da un gruppo di cittadini e sostenuta fino ad oggi da circa 1600 firme. Puoi leggerla e sottoscriverla anche tu, per spingere il Parlamento italiano a discuterla e a stimolare, quantomeno, un dibattito serio che in Italia sembra lungi dal venire.


Fonti: Antonio Zoppetti, qui e qui; wikipedia-fr;
Copertina – Foto di Kerstin Riemer da Pixabay


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