Il 31 maggio il nuovo seminario in rete sulla politica linguistica per l’italiano della Svizzera

SOSTIENICI CON UNA PICCOLA DONAZIONE
Condividi questo articolo:

Dopo il primo seminario in Rete “L’italiano come lingua ufficiale nella Costituzione?” che si è tenuto lo scorso marzo, moderato da Michele Gazzola, il Gruppo di studio sulle politiche linguistiche (GSPL, Società di Linguistica Italiana) prosegue e approfondisce il tema con un secondo incontro che si terrà in una diretta su Zoom il 31 maggio 2023 dalle 16:30 alle 18:30. Il titolo è “Proteggere l’italiano per legge: autarchia culturale o democrazia linguistica? L’esperienza svizzera”.

Si tratta di un nuovo evento legato al dibattito sorto in Italia in seguito alla proposta di legge presentata dall’onorevole Rampelli (n. 734 del 23 dicembre 2022) dal titolo “Disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana e istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana”. Ma si collega anche alla proposta di inserire l’italiano in Costituzione presentata dall’onorevole Meina, e questa volta la discussione si basa sull’esperienza della politica linguistica svizzera a tutela della lingua italiana.

Come è noto, l’italiano è una delle lingue federali ufficiali svizzere, sancita nella loro Costituzione, e l’articolo 1 della Carta ticinese afferma che “Il Cantone Ticino è una repubblica democratica di cultura e lingua italiane”, e nelle sue premesse è scritto che il popolo ticinese è “fedele al compito storico di interpretare la cultura italiana nella Confederazione elvetica”.

Mentre in Italia le polemiche sulla legge Rampelli divampate sui mezzi di informazione hanno spesso associato l’iniziativa alle politiche linguistiche del fascismo, come se l’unico esempio a cui guardare fosse quello, davanti al proliferare degli anglicismi i confronti con quanto si fa oggi all’estero non sono stati presi molto in considerazione. Eppure gli anglicismi nei Paesi ispanici – dove le Accademie coniano e promuovono corrispettivi alle parole inglesi – sono molto contenuti, così come avviene in Francia, dove da decenni esistono leggi e banche dati terminologiche che indicano le parole francesi ufficiali, mentre in Islanda esiste persino la figura istituzionale del neologista che crea alternative autoctone agli anglicismi che da noi sono spacciati per “intraducibili” o “necessari”.

Anche il modello svizzero può costituire un ottimo esempio di politica linguistica a cui ispirarci. Lì da tempo sono state emanate linee guida e raccomandazioni per evitare gli anglicismi, mentre da noi qualcosa di analogo è stato fatto solo per la femminilizzazione delle cariche e il linguaggio non discriminatorio da impiegare nell’amministrazione, ma per evitare gli inglesismi istituzionali non è stato proposto nulla di simile, benché spesso siano poco trasparenti o addirittura incomprensibili per molti cittadini italiani, oltre che “irrispettosi” per la lingua del bel paese dove il sì suona.

La Confederazione svizzera ha quattro lingue ufficiali e un ricco patrimonio di dialetti. Poiché l’italiano è parlato solo dall’8,1% della popolazione (residente nel canton Ticino e in quattro valli del canton Grigioni: Mesolcina, Calanca, Poschiavo e Bregaglia, ma anche nei cantoni dove l’italiano non è ufficiale) ed è in minoranza rispetto al tedesco (63.5 %) e al francese (22.5 %), il Consiglio Federale ha fatto della promozione dell’italiano una priorità. Già nel progetto sulla cultura 2016-2020 aveva stanziato fondi per rafforzare la presenza della lingua e cultura italiana nell’insegnamento, nella formazione bilingue e attraverso una serie di manifestazioni culturali.
E così, paradossalmente, la lingua italiana è più tutelata in Svizzera che da noi, e circolano alternative italiane che noi esprimiamo solo in inglese, per esempio il “question time” che è detto ben più semplicemente “l’ora delle domande”, sui giornali del Canton Ticino e in Parlamento.
Ma la Svizzera rappresenta anche un modello di plurilinguismo molto avanzato a cui guardare come esempio davanti al monolinguismo internazionale imperante basato sull’inglese che si fa strada nell’Ue. Seguire il seminario e ascoltare il punto di vista e l’esperienza degli svizzeri può essere dunque un approccio molto prezioso.

I relatori che interverranno sono:
Angela Ferrari dell’Università di Basilea;
Sabine Christopher Guerra dell’OLSI (Osservatorio Linguistico della Svizzera Italiana);
Verio Pini, presidente di Coscienza Svizzera.

A moderare il dibattito ci sarà Michele Gazzola dell’Ulster University di Belfast.

L’evento via Zoom si può seguire a questo indirizzo:
https://us02web.zoom.us/j/87068830649?pwd=QVdoLzN2NnR6REYwZFZ6U0VDQ1hWZz09
ed è previsto il servizio di interpretariato in LIS.

Di seguito la locandina ufficiale dell’evento:

SOSTIENICI CON UNA PICCOLA DONAZIONE
Condividi questo articolo: