L’italiano all’università? Si userà in Antartide

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Se al Politecnico di Milano, tra le lauree specialistiche, i corsi esclusivamente in inglese sono ormai il 67% (27 su 40), aprirà presto un’altra sede universitaria dove la nostra lingua potrà almeno avere l’esclusiva sulla metà dei corsi: 50% in inglese, 50% in italiano. Un ateneo internazionale, che di più non si può: parliamo infatti della nuova sede dell’Università dell’Insubria che sarà realizzata presso la base cilena di O’Higgins, nell’estremità nordorientale della penisola antartica, in collaborazione con il Programma Antartico Cileno. Questo grazie al progetto “Insubre Antar”, che è stato appena selezionato dal Ministero dell’Istruzione dell’università e della ricerca italiano e sarà realizzato nei prossimi tre anni con un investimento totale di 480.000 euro. Si tratta della prima sede universitaria del Polo Sud.



Il nuovo polo dell’Insubria, come spiega una nota dell’università, si occuperà di formazione ma anche di ricerca. Sarà composto da due unità prefabbricate ecocompatibili: una attrezzata a laboratorio per lo studio dei cambiamenti climatici e ambientali, l’altra a uso abitativo. La connessione satellitare garantirà la possibilità di svolgere seminari e lezioni in teleconferenza, e di sperimentare metodi di intelligenza artificiale per la trasmissione di dati di monitoraggio ambientale. Nella sede antartica gli studenti, dell’Insubria o di altri atenei, potranno anche svolgere tesi di laurea o di dottorato e realizzare ulteriori attività di ricerca con un gruppo di lavoro internazionale. Una annualità di borsa del dottorato in Scienze polari sarà inoltre cofinanziata con Cà Foscari di Venezia.

L’ateneo sta lavorando anche all’istituzione di un proprio Centro per lo studio dei cambiamenti climatici e sta revisionando il corso di laurea magistrale in Scienze ambientali per preparare all’esperienza in Antartide attraverso quattro indirizzi, di cui due in lingua inglese, “Climate and global change”, “Natural risks” e due in italiano, “Rischio chimico”, “Gestione e conservazione della biodiversità”.

E, a proposito di biodiversità, speriamo che in Italia cresca il dibattito sulla necessità di mantenere vivo l’italiano – e le altre grandi lingue di cultura diverse dall’inglese – come lingua adatta alla produzione e alla trasmissione del sapere tecnico e scientifico, e che questo dibattito porti a riconsiderare le scelte totalmente irrazionali che diversi atenei stanno compiendo in nome di una strana idea di internazionalizzazione.

 


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