L’iniziativa svizzera per ridurre il canone TV potrebbe essere un problema per l’italiano

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È stata una delle iniziative popolari svizzere più preannunciate degli ultimi anni, dopo che il 4 marzo 2018 fu bocciata la “No-Billag” (71,6% di no) che chiedeva di abolire il canone radio-tv nella Confederazione. Dall’agosto di quest’anno l’iniziativa “200 franchi bastano”, ha raccolto un sufficiente numero di firme (126.290) per essere sottoposta, in tempi ancora da definire, al voto popolare.

La proposta, come il nome suggerisce, è quella di ridurre il canone radiotelevisivo a 200 franchi annui, dagli attuali 335 (erano 365 prima del 2021). I promotori del testo sostengono che la Svizzera ha il canone più alto al mondo indipendentemente dal dispositivo utilizzato. Inoltre, l’offerta e l’utilizzo dei media sono cambiati notevolmente.

Gli iniziativisti hanno raccolto le oltre 126mila firme in 13 mesi e, di queste, più di 30.000 arrivano dal Canton Ticino. Eppure secondo la SSR (Società Svizzera di Radiotelevisione, beneficiaria del canone) proprio la RSI e la Svizzera italiana sarebbero tra i principali perdenti, perché con un budget quasi dimezzato sarebbe impossibile fornire l’attuale servizio per quella che a livello nazionale è una minoranza linguistica (gli italofoni svizzeri sono l’8.5% della popolazione).

“Ci tengo a dire – per il pubblico della Svizzera italiana – che proprio la Svizzera italiana beneficia molto della solidarietà confederale della SSR, perché genera circa il 4% delle entrate complessive e ne riceve oltre il 20% – ha commentato alla RSI il direttore SRG SSR Gilles Marchand – È questo che permette di avere un’informazione di qualità e permette a voi giornalisti della RSI di andare in Ucraina per coprire la guerra o laddove è importante nel mondo”. L’iniziativa è “un attacco alla Svizzera e alla sua diversità”, argomenta il dirigente dell’ente radiotelevisivo, “perché siamo parte dell’identità elvetica”. A suo avviso la proposta di modifica costituzionale è pericolosa non solo per la SSR, ma per l’intera piazza mediatica del paese. I vertici della SRG SSR per il momento non credono nella possibilità di un controprogetto – una proposta alternativa – e difendono il canone e il servizio attuali.

Anche la CORSI, la società regionale SSR che rappresenta il pubblico della RSI (Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana), si è espressa contro l’iniziativa. Ecco alcuni stralci del comunicato stampa della società:

La SSR.CORSI confida, come accaduto nel 2018, di riuscire a spiegare alla maggioranza della popolazione le ragioni importanti per cui l’iniziativa deve essere respinta poiché 200 franchi non bastano per garantire l’esistenza del servizio pubblico radiotelevisivo così come lo conosciamo oggi in Svizzera e nella Svizzera italiana in particolare. Questa iniziativa appare problematica soprattutto per le minoranze linguistiche, considerato che la SSR con la sua attuale offerta quadrilingue, contribuisce in modo significativo alla coesione nazionale.

Tenuto conto del voto popolare del 2018 sull’iniziativa NO Billag e pur consapevole che la nuova iniziativa appare, ma solo a prima vista, “moderata”, la SSR.CORSI confida che la maggioranza della popolazione, così come la maggioranza dei Cantoni, ribadiranno la loro fiducia nel servizio pubblico radiotelevisivo in quanto espressione di una Svizzera che vuole continuare a promuovere un dialogo costruttivo fra le sue regioni e culture, le generazioni, i suoi abitanti, le parti sociali ed economiche. Le basi della nostra democrazia sono dei media forti e autonomi, che tali devono rimanere.

La parola, come la democrazia diretta sancisce, spetterà al popolo. Speriamo, qualunque sarà la decisione delle urne, che la tutela e la promozione della lingua italiana nella Confederazione non ne esca in alcun modo danneggiata, perché sarebbe un danno a una parte fondante dell’identità svizzera.


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