La tutela della lingua davanti all’inglese: intervista a Kurt Gawlitta della VDS tedesca

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In Italia esistono istituzioni come l’Accademia della Crusca o La Dante, ma mancano le associazioni – sorte dal basso e da gruppi di cittadini – per la tutela della lingua italiana. All’estero non è così, e Italofonia da qualche tempo è entrata in contatto con alcune di queste realtà internazionali per comprendere cosa fanno e con l’idea di dare vita a iniziative analoghe anche nel nostro Paese. Abbiamo già intervistato Jean-Luc Laffineur, presidente della GEM+, l’associazione di Bruxelles per una Governanza Europea Multilingue, che si batte per il plurilinguismo nell’Europa come modello alternativo all’inglese concepito come presunta lingua unica della UE. Abbiamo rapporti con associazioni come l’OEP francese, l’Osservatorio Europeo del Plurilinguismo che tra le tante attività sta costruendo un dizionario degli anglicismi in Francia che è “gemellato” con il nostro dizionario delle Alternative Agli Anglicismi, in modo che sia possibile fare dei confronti (dalle voci francesi si trovano rimandi alle nostre e viceversa).

Oggi abbiamo l’onore di intervistare un membro della VDS (Verein Deutsche Sprache) l’Associazione della Lingua Tedesca: Kurt Gawlitta, un giurista di Berlino di cui abbiamo già pubblicato un articolo sugli aspetti giuridici dell’inglese nella scienza e nell’università. È membro della VDS da circa 20 anni, collabora al Gruppo di difesa del tedesco come lingua scientifica (ADAWIS, Arbeitskreis Deutsch als Wissenschaftssprache), e in passato, a Parigi, è stato un aderente all’associazione della “Défense de la langue française“. È dunque un personaggio di spicco molto impegnato sul tema della tutela delle lingue, che parla discretamente anche l’italiano e ha un grande amore per il nostro Paese e per la nostra lingua.

Domanda: So che in Germania la VDS denuncia da tempo la compromissione dell’identità della lingua nazionale soprattutto a causa dell’espansione delle multinazionali e delle loro pubblicità, e che ha lanciato appelli ai consumatori perché acquistino i prodotti dal nome e dalle descrizioni tedesche e pubblicizzati nella lingua tedesca. Inoltre, questa associazione diffonde annualmente una lista dei nuovi anglicismi che si registrano nel Paese, suggerendo le alternative e raccomandando di evitare quelli superflui e non indispensabili. Ci vuole parlare di queste e delle altre attività?

Gawlitta: Il tema degli anglicismi ha rappresentato una priorità di lavoro soprattutto nei primi anni dopo la fondazione della Verein Deutsche Sprache (VDS), che è sorta nel 1997. Gran parte dei comunicati stampa, degli interventi e dei discorsi pubblici, degli articoli e dei libri era proprio incentrata sulla critica dell’uso degli anglicismi.
Annualmente pubblichiamo un libro che li raccoglie, il cosiddetto “Indice degli Anglicismi” (Anglizismen-Index) che circolano nelle aree dove si parla il tedesco. Una commissione composta di esperti della Verein Deutsche Sprache (Dortmund), della Verein Muttersprache (Vienna) e del Sprachkreis Deutsch (Berna) offre le corrispondenze tedesche attraverso tre gruppi di carattere sostituivo, differenziato o arricchente. La ventesima edizione del 2021 comprende già più di 8000 parole chiave.
Con il tempo, però, a questa prima direzione di lavoro si sono aggiunte altre priorità nella missione della VDS. È stato posto il tema dell’abuso dell’inglese nelle pubblicità, nei mezzi della comunicazione di massa e nella vita pubblica in generale, o ancora nel linguaggio dei tribunali e nella comunicazione delle grandi imprese tedesche.
La promozione della nostra lingua non riguarda solo questo aspetto “difensivo”, ma viene incentivata anche in modo propositivo, per esempio attraverso la creazione di premi linguistici di carattere critico o lodevole. Tra i temi più attuali c’è anche quello del linguaggio inclusivo che riguarda la parità dei sessi e l’ortografia. Infine, una delle nuove iniziative riguarda la richiesta di inserire nella Costituzione che la lingua è il tedesco. C’è poi un ampio dibattito sull’introduzione dell’inglese come lingua della scienza nelle università tedesche, ma questo argomento è al centro di un’altra associazione specializzata e dedicata: l’ ADAWIS (Arbeitskreis Deutsch als Wissenschaftssprache), e cioè il Circolo Linguistico per il tedesco come lingua di scienza

Domanda: Holger Klatte, amministratore della VDS, in un’intervista del 2010 al quotidiano di Varsavia Rzeczpospolita ha dichiarato: “Noi tedeschi abbiamo un complesso di inferiorità linguistica. Consideriamo la nostra lingua come un fastidio necessario e preferiamo se possibile parlare inglese”. Questo è vero anche per il nostro Paese, dove però, più che parlare in inglese, preferiamo importare gli anglicismi che mescoliamo all’italiano. Secondo lei quali sono le altre cause che portano all’uso dell’inglese?

Gawlitta: Le imprese hanno sempre più contatti commerciali mondiali e la logica economica delle aziende non rispetta più né la lingua officiale di ogni singolo Paese, né le questioni che riguardano l’identità nazionale e le tradizioni culturali locali. Per questi gruppi esiste solo l’economia internazionalizzata espressa con una lingua unica, l’inglese. La situazione è identica anche nell’ambito dell’Unione Europea e delle sue istituzioni, perché anche lì l’economia delle aziende non ha più bisogno del tedesco, ed esercita una forte influenza e pressione che favorisce la predominanza della lingua inglese. La situazione è però diversa nell’economia delle piccole e medie imprese che parlano ancora la lingua dei loro partner commerciali.

Domanda: In Italia c’è una mentalità che trascura la tutela della lingua. Secondo lei quali sono le principali differenze con il modo di sentire che c’è invece in Germania e in Francia? Da noi, difendere la lingua evoca talvolta i fantasmi del passato legati al fascismo che generano delle resistenze e dei pregiudizi, come se l’unico modello di politica linguistica a cui guardare fosse quello, e non quanto accade oggi in Paesi democratici e civili come la Francia, la Svizzera, la Spagna e tanti altri. Anche in Germania esiste questo problema?

Gawlitta: In Germania, nell’ambiente della sinistra e dei verdi, considerare la la difesa della lingua e della cultura tedesca un tema da lasciare alla destra è praticamente diventata una cosnuetudine. In questo modo ci si vuole liberare dalla storia tedesca per presentarsi come europei e cittadini mondiali. In altre parole ci si colloca nell’area della cultura e della politica anglo-americana.
Anche la Christlich Demokratische Union (Unione Cristiana-Democratica), che un tempo aveva un orientamento piuttosto conservatore, ormai si è aperta verso la sinistra e non sembra molto interessata alle tematiche che hanno a che fare con la lingua e con la nazione. Su questo scenario si inserisce l’ascesa di un partito nazionalista conservatore di estrema destra come l’alternativa per la Germania (Alternative für Deutschland).
La situazione francese è diversa, lì esistono ancora ampie cerchie convinte che la Francia con la sua lingua e la sua cultura abbia qualcosa da dare al mondo. Però, anche all’interno di queste cerchie, l’idea che l’inglese globalizzato sia indispensabile guadagna terreno, e la legge Toubon, varata nel 1994 per la tutela del francese, è sempre meno considerata e sempre più messa in discussione.

Domanda: In un dizionario italiano come il Devoto Oli, nel 1990 erano registrati circa 1.700 anglicismi crudi, mentre oggi ce ne sono 4.000; lo Zingarelli ne annovera 3.000, ma nella prima edizione digitale del 1995 ce ne erano solo 1.800. Quanti sono gli anglicismi che circolano in Germania? Anche da voi sono in aumento così forte? E sono così frequenti come da noi?

Gawlitta: A parte le 8.000 voci dell’”Indice degli Anglicisi”, per quanto riguarda l’uso delle parole inglesi i dati statistici sono controversi. Le indicazioni percentuali che si ricavano dai dizionari, nel caso del celebre dizionario Duden si parla del 3,5 % delle voci, dipendono molto dal settore interessato del vocabolario, dunque le percentuali cambiano di molto se si guarda all’ambito del vocabolario quotidiano o alla terminologia specializzata. Chi è favorevole all’uso degli anglicismi, o è convinto che il loro utilizzo sia indispensabile, sfodera numeri più bassi rispetto a quelli che esibisce chi invece ha un atteggiamento critico verso la questione.

Alcuni studi evidenziano che il rapido aumento rapido degli anglicismi, dal 1990, abbia ormai determinato una certa saturazione, per cui l’aumento sembra oggi rallentare. Personalmente, più che dall’uso degli anglicismi, cioè delle parole inglesi considerate singolarmente, sono preoccupato dal fatto che stiamo cedendo alla lingua angloamericana interi settori linguistici, in particolare l’economia e la scienza.

 

Copertina di Snap_it da Pixabay

 

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