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In occasione del 30° anniversario della legge del 4 agosto 1994 sull’uso della lingua francese, nota come “legge Toubon”, il Ministero della Cultura francese ha organizzato un simposio di due giornate, il 27 novembre e il 6 dicembre, presso la Cité internationale de la langue française al Castello di Villers-Cotterêts e presso l’Institut de France. Riunendo un’ampia gamma di attori e istituzioni, questi due eventi chiave hanno tracciato un bilancio e fatto il punto sulle politiche di tutela e promozione della lingua francese.
Vogliamo parlarne sulle nostre pagine perché da sempre sosteniamo la necessità urgente di dotare anche l’italiano di una politica linguistica che lo tuteli come lingua nazionale della Repubblica italiana e ne favorisca l’uso in ogni ambito della vita sociale ed economica, oltre a favorirne lo sviluppo e l’evoluzione per mantenerlo al passo con un mondo che cambia in fretta.
In Italia il termine “politica linguistica” fa pensare immediatamente alle politiche fasciste, e la stessa legge Toubon è stata descritta da molti giornalisti, politici e linguisti italiani come un provvedimento chiuso e sostanzialmente “anti-inglese”. In realtà essa difende una visione plurilingue – dove il predominio dell’inglese è la vera minaccia al plurilinguismo – e sancisce un vero e proprio “diritto a usare la propria lingua” da parte dei cittadini francesi.
La legge del 4 agosto 1994 sull’uso della lingua francese è un importante atto legislativo e una delle “leggi principali” del Ministero della Cultura. Essa concretizza l’applicazione dell’articolo 2 della Costituzione: “la lingua della Repubblica è il francese”, nell’istruzione, nel lavoro, negli scambi (in particolare nelle manifestazioni pubbliche, nella pubblicità, nelle pratiche di consumo, ecc.
Contrariamente alle immagini caricaturali che talvolta le sono state attribuite, la Legge Toubon è aperta ai cambiamenti della lingua e ad altre lingue. Il suo scopo non è quello di controllare la lingua per preservare una purezza immaginaria.
In quanto legge di coesione sociale, mira innanzitutto a garantire l’uguaglianza dei cittadini nella vita quotidiana. Garantisce a tutti l’accesso all’informazione, alla conoscenza, alla cultura e ai servizi pubblici in lingua francese. Stabilisce una base protettiva per i consumatori, gli utenti e i dipendenti, garantendo loro un “diritto al francese” nella vita quotidiana.
La Francia è uno dei pochi Paesi a disporre di un tale quadro giuridico così articolato, anche se politiche linguistiche sono in vigore in diversi Paesi democratici. Si è dimostrata efficace in diversi ambiti e rimane pienamente attuale in un momento in cui le questioni della comprensibilità e dell’accessibilità dei messaggi inviati ai cittadini sono una priorità per le politiche pubbliche.
La condivisione di una lingua comune è quindi un prerequisito per combattere ogni forma di esclusione, sia essa sociale, culturale o generazionale, in tutta la Repubblica francese.
Diversi studi dimostrano che i cittadini francesi sono molto legati alla propria lingua. Quasi 2 francesi su 3 ritengono utile una legge che garantisca l’uso del francese nella società, mentre il 90% ritiene essenziale che i servizi pubblici utilizzino la lingua francese con gli utenti. A dimostrazione della sua modernità, per i giovani tra i 18 e i 24 anni la lingua francese è l’elemento che più accomuna i francesi.
Tuttavia, come sottolinea un recente rapporto del Senato, la legge Toubon è ancora troppo spesso ignorata, talvolta fraintesa e non sufficientemente applicata. Gli sviluppi tecnologici, la globalizzazione del commercio e una serie di imprecisioni nella formulazione che hanno portato a una giurisprudenza negativa che riduce la portata del testo sono tutti punti che devono essere affrontati.
Alla luce di questi fatti, il Ministero della Cultura intende avviare un dibattito collettivo su questo quadro giuridico e, più in generale, sulle politiche attuate per promuovere le nostre lingue. I due simposi del 27 novembre e di ieri, 6 dicembre, sono stati organizzati nell’ottica di arricchire il dibattito su questi temi collocandoli in una prospettiva storica, giuridica e politica.
Il multilinguismo è una componente della democrazia, una garanzia della libertà e dell’apertura agli altri. La digitalizzazione e le tecnologie linguistiche che stiamo vedendo fiorire rappresentano al tempo stesso un pericolo e una speranza. La speranza sta nell’accesso a produzioni generate in 150 o 200 lingue, grazie alla potenza dell’intelligenza artificiale, che le conserverà, le riprodurrà e le tradurrà. Il pericolo, invece, è quello di lasciare che l’inerzia delle macchine produca uniformità linguistica.
Ma cosa pensa dell’avvenire della legge il suo creatore, l’ex-ministro Jacques Toubon?
“A mio avviso – dice Toubon in un’intervista del 4 dicembre scorso – il suo campo di applicazione dovrebbe essere esteso a una serie di attività private che forniscono servizi pubblici o sono legate alla politica culturale. È possibile definirle con precisione per non violare le norme costituzionali sulla libertà di espressione e di comunicazione, lavoro che è già iniziato in alcuni settori. Sarebbe anche opportuno incoraggiare lo sviluppo della lingua francese nelle aziende (francese professionale), attraverso la nostra rete culturale all’estero. Un’altra idea molto interessante sarebbe quella di fornire un sostegno finanziario nei Paesi francofoni o parzialmente francofoni a tutte le imprese di digitalizzazione, che sono molto costose. Utilizziamo il denaro pubblico in questo modo, offrendo assistenza tecnica alle aziende private, per incoraggiarle a concentrarsi nuovamente sull’uso del francese.”
Un dibattito che appare anni luce più avanti di quello che “avviene” in Italia. Dove dell’italiano si parla poco e male, e dove invece di parlare di globalizzazione, difesa del plurilinguismo, diritto alla comprensione e prospettive aperte dall’intelligenza artificiale, si è rimasti fermi all’arlecchino e al qui-si-beve di novant’anni fa.
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Fonte: Ministero della Cultura di Francia (qui e qui) – Copertina: immagine di Mathias Reding
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