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Ho la fortuna di abitare in un comune dove il verde pubblico non manca ed è ben curato e attrezzato, per gli adulti e per i bambini. Essendo anche papà di due pargoletti sono stato felice di vedere due nuovi parchi giochi inaugurati qualche mese fa.
Oltre ai classici scivoli, altalene e così via, noto che è presente anche un gioco di abilità che consiste nel dover toccare delle luci in movimento. Il gioco in realtà ha diverse modalità, spiegate da un pannello. Mio figlio grande, che fa le elementari e sa leggere da tempo, mi chiede di aiutarlo a capire le regole. Mi accorgo che la cosa non è poi così strana perché… il pannello è scritto interamente in inglese:
Poco male, cerco di spiegargli le differenze tra le varie modalità. Anche se, penso tra me e me, sarebbe utile per i bimbi poter leggere e cercare di capire da soli il funzionamento del gioco.
Passa qualche giorno, torniamo nello stesso parco e mi imbatto in un altro cartello. Che in effetti si vede quasi sempre nelle aree gioco: indica i limiti di età per poter utilizzare i giochi, e una serie di avvertenze di sicurezza. Ma, anche questo è scritto in lingua inglese:
Un momento però… mi accorgo che il pannello ha due lati. Dietro sarà sicuramente scritto in italiano…
E invece, come potete vedere dalle foto che ho scattato, non è così.
Da entrambi i lati, il testo è solo in inglese. Eppure potrebbe essere utile per i genitori, sapere che le cadute possono provocare danni fisici o la morte, che le superfici bollenti possono ustionare, quelle bagnate possono far scivolare, che si raccomanda di rimuovere (anzi, RIMUOVERE) caschi, lacci, sciarpe e qualunque altra cosa avvolga il collo, per evitare il rischio di strangolamento.
Almeno, io trovo utile che un genitore sappia queste cose. Così come trovo utile che un bambino di 8 anni possa leggere e capire che non può salire su quei giochi, perché possono essere usati solo da bimbi tra i 2 e i 5 anni.
E se lavorassi nell’azienda che ha costruito e installato questi giochi, lo troverei utile anche per la mia azienda. Perché se capita qualcosa di brutto – non sia mai – sarà ben difficile dimostrare che si era informato correttamente sui potenziali rischi.
Ma i costruttori, che ho contattato via email, evidentemente non la pensano così. Nella loro risposta leggo infatti che “abbiamo deciso di lasciare i testi dei pannelli in lingua inglese nell’ottica dell’ormai consolidata globalizzazione e affinchè la lettura sia accessibile a tutti“. Non si finisce mai di imparare! A 35 anni suonati ho finalmente scoperto che in Italia, perché la lettura di un testo sia accessibile a tutti, lo si deve scrivere in inglese. Anzi, solo in inglese, perché “Al momento non è previsto l’inserimento in lingua italiana, ma terremo comunque in considerazione la Sua proposta“.
Il sindaco, invece, a 10 giorni da quando l’ho contattato privatamente sui social e a 7 da quando gli ho scritto via posta elettronica, non mi ha ancora risposto. Sempre tramite le reti sociali, e sempre in privato, ho contattato l’ex sindaco, che invece mi ha risposto rapidamente, dicendo che segnalerà la cosa al responsabile dell’ufficio tecnico del comune. Da segnalare che sindaco e predecessore sono dello stesso colore politico, segno che la sensibilità o meno alla trasparenza e alla buona comunicazione non dipendono dal credo politico o dalla tessera di partito.
Staremo a vedere. Nel frattempo resta l’amarezza di scoprire quanto poco sia tenuta in considerazione la lingua che in Italia, da qualche secolo prima che l’Italia fosse uno stato unitario, è usata per la comunicazione pubblica. È evidente – almeno lo spero – che i costruttori non credono veramente che il monolinguismo inglese renda i contenuti più accessibili. La questione è che semplicemente risparmiano sulle traduzioni e la stampa di pannelli alternativi. Sarebbe curioso sapere se in altri Paesi non anglofoni ma dotati di una politica linguistica, fanno altrettanto.
Trovo comunque significativo che abbiano deciso di presentare questa imposizione monolingue come una scelta di modernità, di trasparenza e di universalità. Purtroppo, c’è chi ci crede davvero…
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