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Si trova in Italia, è stata fondata da aziende (Lamborghini, Dallara, Ducati, Ferrari, Haas, Magneti Marelli, Maserati e Toro Rosso) e università (di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio Emilia e Parma) italiane, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, e l’80% dei suoi studenti sono italiani, ma tutte le lezioni alla MUNER (Motorvehicle University of Emilia-Romagna) si tengono solo in inglese.
Nata nel 2017 nell’autodefinitasi “Motor Valley”, nel cuore dell’Italia centro-settentrionale, con l’obiettivo di “formare l’élite ingegneristica del futuro”, quest’accademia vuole inserirsi nel solco della grande tradizione automobilistica italiana, ed emiliano-romagnola in particolare. «Quattro università, tra le più antiche al mondo, e otto case motoristiche leader a livello globale insieme per attrarre ragazzi motivati e di talento. Siamo – dichiarò all’inaugurazione Stefano Bonaccini, presidente della Regione – di fronte a un progetto unico nel panorama nazionale e internazionale, che conferma l’Emilia-Romagna non solo quale cuore europeo della nuova manifattura che si sta ridisegnando a livello globale grazie all’incontro tra scienza, ricerca e produzione, ma anche quale piattaforma dell’alta formazione con un grande valore aggiunto».
Peccato che nell’Italia di oggi, contrariamente a quanto avveniva negli anni d’oro in cui questa grande tradizione si è costruita, si sia incapaci di trovare un posto nell’alta formazione, nella costruzione delle competenze e nella gestione delle aziende nate e cresciute sul territorio, per la lingua italiana. Una lingua che anche grazie a queste esperienze manifatturiere e industriali ha costruito parte del suo lessico tecnico-meccanico.
La MUNER invece richiede per l’ammissione la conoscenza dell’inglese – peraltro a un non elevatissimo livello B2 – dato che tutti i corsi si tengono esclusivamente in questa lingua. L’italiano non trova spazio neppure nel sito ufficiale dell’accademia.
Tutto questo per formare una platea di circa 105 studenti che, per l’anno accademico 2018/19 si compone di 80 studenti italiani, 10 di altri Paesi Ue e 15 di Paesi extra-Ue. Corsi in inglese tenuti da docenti al 100% italiani a studenti all’80% italiani, con un livello di lingua intermedio. E questo non può non intaccare la qualità dell’insegnamento.
Ed ecco allora lo studente David Cardinali (per l’occasione anglicizzato in dévid) dichiarare che “in plus we study what we really love”…
…e la sua compagna Annalisa, in un inglese decisamente migliore, concludere un po’ incerta che la MUNER è una grande opportunità “to meet the major companies of the sector and to have a great future job”.
Vi parliamo di questo proprio nei giorni in cui si discute della possibile fusione tra il gruppo automobilistico italiano Fca (fu Fiat ad acquisire Crysler) con quello francese Renault, partecipato dallo Stato francese. È notizia di queste ore che la Francia ha chiesto la sede operativa della nuova società a Parigi e un rappresentante nel consiglio d’amministrazione della nuova società, mentre in Italia si discute solo del mantenimento degli impianti produttivi. “La sede di una società è dov’è la sua testa pensante” ha dichiarato su questo tema Andrea Pontremoli, amministratore delegato dell’azienda Dallara e presidente del MUNER.
Peccato che ormai l’Italia non riesca più neanche a pensare nella propria lingua, emarginandosi da sola in un complesso d’inferiorità autolesionista che nessuno può – o riesce – ad invertire. Nella maggior parte dei Paesi del mondo, e d’Europa, non è così. Meno che meno nella patria della Renault.
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