L’italiano, l’inglese e il lessico automobilistico: come si diceva prima?

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La tendenza dell’italiano moderno è quella di sostituire senza sosta parole del lessico fondamentale e comune con le controparti inglesi. Di fronte a questo fenomeno sconcertante, viene da chiedersi: possibile che per designare concetti e cose elementari si sia sempre usato l’inglese? Come si diceva prima che l’inglese trionfasse?

La risposta è semplice: si diceva in italiano. Prendiamo per esempio l’ambito automobilistico. Senza considerare le dotazioni tecnologiche moderne – adottate direttamente col loro nome inglese, senza il minimo sforzo nemmeno d’individuare sinonimi o definizioni italiane –, parole generiche come optionaldesign e comfort oggi paiono non avere alcun’alternativa.

E invece, dando un’occhiata alle pubblicità di qualche decennio fa, non è così. Un tempo si diceva rispettivamente accessori a richiestadisegnoconforto.

Qui si vede pubblicità a stampa dell’Alfa Giulia. Nella terza colonna si legge “La serenità che la Giulia infonde a chi guida e a chi viaggia: anche questo è conforto”. L’anno di riferimento è il 1967, e la pubblicità promuove la versione rinnovata del grande successo della Casa di Arese.
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Sentite però quest’annuncio per la Innocenti 650: siamo nel 1985, e si parla già di “massimo del comfort”. Possiamo dunque pensare che già a partire dagli anni Ottanta il termine comune fosse ormai l’anglicismo.

 

In quest’altro annuncio pubblicitario, questa volta riguardante la Fiat 1100, al secondo 30 si sente “cruscotto di nuovo disegno”.

Immaginate ora se si fosse trattato di una vettura uscita nel 2021: si sarebbe detto senza dubbio “cruscotto di nuovo design”; anzi, scommetto che cruscotto sarebbe diventato dashboard.

(Al riguardo, un dettaglio piccolo ma rivelatore: le vetture disegnate da grandi carrozzieri come Bertone o Pininfarina mostravano una targhetta che diceva “disegno di Bertone / disegno di Pininfarina”, non certo “designed by”).

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Questa pagina è tratta da un vecchio numero di Quattroruote (presumibilmente del 1966). Nella scheda riassuntiva delle caratteristiche del modello uno dei punti è dedicato agli “accessori su richiesta”.

L’uso di questa dicitura potrebbe stupire molti: ormai siamo abituati a sentir parlare soltanto di optional.

(Osservo inoltre: se prove su strada su Quattroruote resiste, oggi le concessionarie offrono solo test drive).

Infine, citiamo un’altra parola, non tanto radicata quanto queste tre, ma sempre più usata, sulla stampa come nel linguaggio commerciale: parlo di city car. La quale, di là dagli arzigogoli mercatologici, indica semplicemente un’utilitaria (la Wikipedia in italiano ci aggiunge il prefisso super-, ma non mi sembra strettamente necessario).

L’annuncio pubblicato qui si conclude col motto “Fiat 126, la vettura di città”.

Non si può fare a meno di pensare che un filmato promozionale dei giorni nostri, oltre a essere molto meno concreto e molto più “emozionale”, sarebbe stato infarcito di anglicismi; il motto finale sarebbe poi stato, inesorabilmente, “the city car” (sennonché pare un po’ troppo sobrio per i pubblivori odierni).

Come abbiamo visto, fino a pochi decenni fa alcuni degli anglicismi più comuni, che oggi non hanno alternativa, non avevano l’invadenza che hanno oggi (e forse non si conoscevano nemmeno). Dirlo in italiano si poteva; e si potrebbe ancora, con un po’ di buonsenso.

 

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