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Capita raramente che il presidente della Repubblica italiana incontri un suo pari grado all’estero di lingua madre italiana. È successo la scorsa settimana, quando Sergio Mattarella è stato ricevuto dal presidente della Confederazione, Ignazio Cassis, durante la sua visita ufficiale. Cassis dal 1° gennaio non sarà più presidente, un ruolo che in Svizzera viene ricoperto per un anno, a turno, dai membri del consiglio federale. Tonerà a ricoprire il solo ruolo di ministro degli Esteri.
Questo anno ha visto dunque un presidente italofono a capo di quello che è di fatto il secondo Paese dell’italofonia ufficiale Un mondo piccolo, al di fuori dell’Italia, ma che pure esiste ed è vivace e attivo nella difesa della propria lingua e della cultura che essa porta con sé. Significativo, qualche mese fa, il dialogo al Consiglio d’Europa tra lo stesso Cassis e un consigliere di San Marino. La lingua italiana usata pubblicamente tra non italiani, persone di Paesi che non sono nemmeno nella Ue ma che hanno l’italiano come lingua madre e lingua ufficiale.
Italia e Svizzera hanno solide relazioni, le controversie sorte in passato su temi come quello del segreto bancario o dei frontalieri hanno da sei anni uno strumento in più per essere affrontate, il Forum per il Dialogo tra la Svizzera e l’Italia, voluto nel 2013 dall’allora ambasciatore svizzero a Roma, il ticinese Bernardino Regazzoni. La visita di Mattarella offre anche l’occasione di riflettere sull’italofonia e l’italianità della Svizzera di oggi e di interrogarsi su ciò che ne sarà domani.
Al di là dell’italofonia ufficiale, che vede l’italiano essere lingua madre di circa l’8,5% degli svizzeri, per la maggior parte residenti fuori dai cantoni Ticino e Grigioni, dove l’italiano ufficiale, c’è una realtà più fluida. Fatta da immigrati italiani, i più numerosi nel Paese, e di persone che vivono il plurilinguismo e un sentimento di “italicità” nuovo. L’osservazione della realtà svizzera mostra infatti interessanti spunti e tendenze che vanno ben oltre l’approccio nei termini, pur con tutto il rispetto della loro valenza, di una stretta italofonia misurata sui criteri delle percentuali di italofoni presenti a questo o a quel livello. Si va verso l’apprezzamento di un italiano totale – come ama affermare Verio Pini, presidente di Coscienza svizzera, l’associazione da tempo attiva nella promozione di questo filone di ricerca. Ricordiamo, del 2005, il Manifesto per un federalismo plurilingue. Nell’italiano totale si tiene conto delle nuove mobilità che pervadono la nostra società superando – ma purtroppo ancora tante volte accompagnando – quelle dei fenomeni migratori e dei tradizionali criteri di territorialità. In particolare, si considerano le seconde e terze generazioni e sempre più «tutte quelle persone che si sentono vicini alla cultura e al modo di vita della civiltà italica, anche se condividono più sentimenti di appartenenza e addirittura che non si esprimono abitualmente in lingua italiana».
Quasi un residente su otto in Svizzera ha un legame con l’italianità, in varia gradazione: è italofono, ha origini italiane, ha affinità con la cultura o la lingua italiana. Oggi troviamo personalità italiche in tutti gli strati sociali e in posti una volta impensabili: alla testa di grandi e medie imprese del mercato globale, nelle banche, nelle scuole universitarie e nei politecnici, nei poliedrici centri e nelle più svariate manifestazioni culturali e artistiche. Queste persone non si esprimono probabilmente in italiano sul lavoro, ma pensano, sognano e agiscono in italiano; come dalla dichiarazione di Ignazio Cassis al momento della sua elezione nel Consiglio federale.
Un’italicità che si dimostra arma vincente in situazione di mediazione culturale come quella in cui si trovò il grigionese Grytzko Mascioni, mediatore culturale presso l’Istituto italiano di cultura a Zagabria (e poi a Dubrovnik) durante gli anni successivi all’indipendenza del 1991.
La Svizzera ha la sua forza del multilinguismo e nella contaminazione culturale, e la sua anima italica e italofona può essere un tassello fondamentale nella costruzione di una rete dell’italofonia, cui il segretario della Dante, Masi, ha fatto riferimento qualche giorno fa. Una rete che sia sempre più solida e istituzionalizzata. E che magari possa un giorno trasformarsi in una vera organizzazione costruita attorno alla nostra lingua e alla nostra comune cultura.
Fonte e copertina: osservatorio.ch
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