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Dopo essere stata rinviata alla Commissione Affari costituzionali del Senato, la proposta di legge per l’inserimento dell’italiano in Costituzione come lingua ufficiale della Repubblica è stata esaminata alla omologa commissione della Camera giovedì 22.
Il resoconto della seduta è disponibile sul sito della Camera dei Deputati, alla voce “Modifica degli articoli 6 e 12 della Costituzione, in materia di riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica e di proclamazione dell’inno nazionale.
C. 736 cost. Rampelli.” (14.20).
Il relatore della proposta era il deputato di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì, che ha ricapitolato il contenuto della proposta e ricordato le altre proposte simili mai giunte a risultati concreti nelle scorse legislature, oltre a sottolineare come il principio di ufficialità dell’italiano sia già contenuto di fatto in altre leggi, ma il suo inserimento in Costituzione allineerebbe l’Italia ad altri Paesi che hanno un articolo costituzionale dedicato alla lingua nazionale.
Ci sentiamo di precisare che il testo prevede che l’articolo sancisca non solo che l’italiano è lingua ufficiale della Repubblica ma che i cittadini “hanno il diritto di usarla e il dovere di conoscerla”, un principio da non sottovalutare e che aggiunge novità rispetto alle leggi già esistenti. Ma nessuno l’ha ricordato in questa sede.
La parola è poi passata agli altri deputati. Per il M5S, Alfonso Colucci, che ha fatto leva sul classico benaltrismo all’italiana, sostenendo che non è il caso di impiegare il tempo della commissione per discutere di questioni già coperte da altre leggi, invece di occuparsi del caro affitti o dell’applicazione del PNRR (che però in realtà non afferiscono alla Commissione Affari costituzionali).
Dopo di lui, Filiberto Zaratti (Alleanza Verdi e Sinistra) ha sostenuto che tale modifica dell’articolo 12 della Costituzione, con l’inserimento della lingua italiana, violerebbe l’articolo 3 della medesima Carta, che sancisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini, senza alcuna distinzione di lingua, oltre che di sesso, di razza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Urzì a quel punto ha chiesto al presidente della seduta se fossero prevista altre sedute dove proseguire l’esame, e a risposta positiva si è dunque deciso di rinviare il resto della discussione a mercoledì 28 giugno.
La chiusura della seduta è registrata alle 14.30, dieci minuti dopo essere cominciata. Questo, purtroppo, la dice lunga sulla scarsa considerazione che il ceto politico italiano ha della propria lingua. Continueremo a tenervi aggiornati sugli sviluppi della discussione.
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Copertina: da camera.it
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