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Mentre l’on. Rampelli, al punto 3 del secondo articolo della sua proposta di legge sull’italiano, scrive che ’indicazione delle attività commerciali, dei prodotti tipici, delle specialità e delle aree geografiche di denominazione italiana, riportata in lingua straniera su merci destinate al mercato internazionale, deve essere accompagnata dalla corrispondente denominazione italiana”, poiché “la Repubblica promuove con ogni mezzo la tutela delle denominazioni italiane negli Stati esteri”, la sua compagna di partito e ministra del turismo Daniela Santanché lancia una campagna internazionale con un nome (o per dirla con il governo, un claim) in itanglese: “Italia: open to meraviglia”.
Leggiamo sul sito del governo italiano che “la campagna ha come testimonial la Venere di Sandro Botticelli” e che “riconoscibile da tutti attraverso lo sguardo e il segno inconfondibile dei suoi capelli, questa virtual influencer viaggerà lungo lo Stivale” per promuoverne le bellezze.
Dopo il Ministero (e il liceo) del Made in Italy, ecco dunque la campagna in inglese maccheronico “open to meraviglia”, che si mantiene nel solco del BeIT di Di Maio e degli ITsART e VeryBello di Dario Franceschini. Yes, really davvero.
E, per chi se lo chiedesse, no, non è obbligatorio usare solo l’inglese quando si parla a un pubblico internazionale e infatti no, non fanno tutti così. Molti Paesi infatti scelgono di localizzare la propria campagna nelle lingue dei singoli Paesi in cui vogliono promuoversi, o almeno i principali, declinandola quindi in diverse lingue. Altri scelgono di puntare sulla propria lingua, come fu il caso qualche anno fa di “Auténtica Cuba”. L’italiano ha un suono molto evocativo e riconosciuto e dunque ci chiediamo perché non sfruttarlo, invece di infilarlo dentro frasi mezze inglesi che suonano come una caricatura di noi stessi.
Degno di nota il caso della Corsica, una regione francese che per secoli ebbe l’italiano come lingua alta, accanto alle parlate còrse, che oggi sono considerate una vera e propria lingua, la lingua còrsa, appunto. I turisti italiani sono i terzi più numerosi nell’isola, dopo i francesi continentali e i tedeschi. Quest’anno, come quello scorso, la Corsica ha puntato su una campagna pubblicitaria che in Italia non sceglie l’inglese, e neanche l’italiano, bensì proprio il còrso! Puntando sull’intercomprensione pressocché totale con la nostra lingua: non è difficile capire il motto, “Mi chjamu Corsica”, che tappezza città, autobus e metropolitane di grandi città italiane.
La lingua corsa viene esibita con orgoglio accanto alle lingue locali dei singoli Paesi che ospitano la campagna, mentre la lingua italiana no, viene mischiata all’inglese, forse perché [luogocomune] altrimenti non ci capiscono [/luogocomune].
Dall’unico governo che negli ultimi anni ha presentato proposte di legge concrete a favore dell lingua italiana e il cui esponente di peso Rampelli riconosce la presenza di una “emergenzaculturale“, francamente ci aspettavamo un cambio di passo.
Ma naturalmente speriamo di sbagliarci e poterci presto aprire alla meraviglia di un’Italia che ha fiducia nell’italiano.
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Un pensiero su “Passano i governi ma non il dogma dell’inglese: Open to Meraviglia è la nuova campagna per il turismo”
Dai, almeno hanno salvato, per ora, il nome Italia.
Nel frattempo in Toscan… ops! nella Tuscany in questi giorni c’è il “Tuscany Crossing”!
https://www.tuscanycrossing.com/
Se non fosse stato già “sold out”, oltre al crossing si poteva fare anche un pò di plogging e walking… non-stop live con il briefing e le tante partnerships! L’importante è di “go the distance!”
ps. irritante che ancora ci ostiniamo con i “chilometri”, quando potremmo usare le “miglia” per sembrare più cool…
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