L’italiano in Africa: un continente che cerca la nostra lingua più di quanto ci aspettiamo

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Si apre in queste ore a Roma la Conferenza Italia-Africa durante la quale sarà presentato il “Piano Mattei” del Governo italiano, un partenariato strategico con diversi Paesi africani e improntato a un rapporto paritario ed di reciproco beneficio, come fece l’imprenditore patron dell’ENI che dà il nome al progetto. Il titolo dell’evento è «Italia–Africa. Un ponte per una crescita comune».
Grande importanza avranno i temi energetici ed economici e quelli legati all’immigrazione, ma ci sarà un capitolo dedicato all’istruzione e alla formazione.

Abbiamo dunque elaborato, assieme al professor Raymond Siebetcheu dell’Università per Stranieri di Siena, autore del libro Diffusione e didattica dell’italiano in Africa, un libro bianco sullo stato e sulle potenzialità della nostra lingua nel Continente Nero. Il libro è destinato a esponenti del governo e del parlamento italiano, ma lo renderemo presto disponibile per tutti anche sul nostro sito.

Cominciamo col ricordare che l’italiano è stato una lingua ufficiale in alcuni Paesi africani, per via del dominio coloniale che il Regno d’Italia vi aveva esercitato: la Libia, l’Eritrea, la Somalia, in misura minore l’Etiopia. In altri Paesi ha avuto un ruolo importante, per la presenza di forti comunità italiane e il prestigio della lingua, come nel caso dell’Egitto, o per vicinanza geografica, come la Tunisia. Nelle ex-colonie l’italiano non ha più uno statuto di ufficialità da decenni, ma il legame, per quanto affievolito, non si è del tutto spezzato. In Somalia, dove l’Italia restò anche dopo la sconfitta del secondo conflitto mondiale, fino al 1960 con una amministrazione fiduciaria, fu un Paese fortemente italofono fino ai primi anni ’80 del secolo scorso. Oggi si cerca di riprendere l’insegnamento della nostra lingua e la sua trasmissione – per esempio tramite Radio Mogadiscio con cui Italofonia collabora – in un Paese ancora molto fragile e recentemente scosso dal memorandum ta Etiopia e la regione separatista del Somaliland.

Altrove in questo enorme continente, come in Sudafrica, troviamo nutrite comunità di italiani stabilitesi qui dagli anni 1950. E poi troviamo una serie di nazioni che apparentemente non hanno legami diretti con il Bel Paese, eppure hanno una fortissima richiesta di apprendere la lingua italiana. Uno di questi è il Madagascar. Qui, un operatore turistico operante da oltre 25 anni, intervistato nello studio del prof. Siebetcheu, ha dichiarato:

Ormai da vent’anni, cioè dalla chiusura dell’ambasciata italiana a Antananarivo manca all’appello in Madagascar un vero centro culturale italiano. L’importanza che aveva, soprattutto a livello di diffusione della lingua italiana, con corsi di ottimo livello, non ha più trovato eguali in tutta l’isola, lasciando un vuoto al momento incolmabile. L’italiano veniva inoltre insegnato in alcune università cattoliche ma tali percorsi, riservati a poche persone, non riuscivano a soddisfare una richiesta di apprendimento della lingua che soprattutto il settore turistico necessita, sia a livello locale, visto il numero sempre crescente di viaggiatori di origine italiana che vengono in Madagascar, ma anche per la grande richiesta di personale malgascio che da anni fanno le compagnie di navi da crociera e gli alberghi locali. A differenza dell’inglese, l’italiano non è studiato nelle scuole ma se si chiede a un malgascio di scegliere tra l’italiano e l’inglese sceglie l’italiano perché sa che con questa lingua troverebbe facilmente il lavoro. I malgasci aspettano solo l’apertura dei centri di formazione linguistica per studiare la nostra lingua. Amano l’Italia anche se non sanno dove si trova. Durante i mondiali di calcio del 2006 tifavano per l’Italia, hanno fatto della pizza il loro piatto preferito. […] Da tanti anni aspettiamo un centro di cultura italiana a Madagascar, ma i cinesi che sono arrivati qui da pochi anni hanno già aperto un Centro Confucio.

Da questa testimonianza notiamo quindi una richiesta molto forte da parte dei giovani malgasci, consapevoli del fatto che la lingua italiana sia un’opportunità per inserirsi nel mondo del lavoro nella fattispecie nel settore turistico e alberghiero. Ma di fronte a questa richiesta non c’è una risposta concreta da parte delle istituzioni italiane, se escludiamo alcune iniziative private. Manca quindi di fatto una organica e capillare politica di diffusione dell’italiano nel mondo in generale e in Africa in particolare.

Nel nostro piccolo, possiamo testimoniare che la nostra pagina Facebook ha proprio dal Madagascar un numero elevato di persone che ci seguono, magari non parlando l’italiano o scrivendolo solo un poco, e che ci contattano chiedendo dove possono studiarlo.

Nonostante il pubblico della lingua italiana in Africa stia attualmente godendo di una crescita esponenziale, non intendiamo però limitarci ai numeri in quanto non bastano per misurare l’efficienza di una politica linguistica. Ad esempio, in Sudafrica, paese in cui risiede più della metà degli italiani presenti in Africa, la lingua italiana sembra non essere ancora minacciata ma “gli equilibri linguistici sono delicati”.

Anche il retroterra socio-economico del potenziale pubblico di italiano in Africa, se non sostenuto da una rigorosa politica di promozione può costituire una delle barriere che ostacola lo studio e l’insegnamento dell’italiano. In Africa sono numerosi gli studenti in difficoltà economica che, nonostante la motivazione infrenabile per la lingua italiana, sono costretti ad interrompere il percorso e/o a studiare altre lingue perché l’Italia non offre più abbastanza borse di studio.

Dal punto di vista culturale, in Africa si nota la scarsa presenza e l’inacessibilità dell’industria culturale italiana. Ci riferiamo in modo particolare al mercato editoriale e alle librerie che vendono libri italiani. Gli enti formativi hanno bisogno di libri facilmente reperibili e acquistabili ad un prezzo ragionevole in base al costo della vita del paese. In Egitto c’è una sola libreria che importa libri italiani, ma sono troppo cari per gli studenti egiziani. Per rimediare a questa situazione, lo Stato egiziano stampa i libri dedicati all’insegnamento dell’italiano nelle scuole. Anche la TV, che per esempio in Tunisia tra gli anni ’60 e ’80 portò a un’esplosione di interesse verso la nostra lingua (la prima scelta strategica fu quella di far arrivare nelle case dei tunisini le Olimpiadi di Roma 1960), oggi ha un ruolo marginale.

Oltre all’incapacità di sfruttare appieno interessanti opportunità legate al settore turistico, la scarsa spendibilità dell’italiano si deve anche al fatto che dall’Egitto al Camerun le opportunità che offre la nostra lingua in Africa sono quasi esclusivamente legate a un solo sbocco professionale: l’insegnamento.

In generale, comunque, il numero di studenti d’italiano in Africa è raddoppiato nel giro di dieci anni, passando da 100 a 200mila unità. Numeri ancora piccoli in termini assoluti e rispetto alla popolazione del continente, ma con una crescita rapidissima. Di Paese in Paese, le motivazioni degli studenti verso lo studio della nostra lingua cambiano. Vediamo alcuni casi.

In Egitto gli studenti universitari di italiano sono 10 mila mentre quelli delle scuole si aggirano intorno a 120 mila unità. Con questo dato, l’Egitto è il quinto paese al mondo con il maggior numero di studenti di italiano. L’insegnamento dell’italiano permette di lavorare nelle aziende italiane in Egitto e dà la possibilità di andare in Italia”. Ci sono anche numerosi call center e aziende come Italcementi, ENI, Intesa San Paolo, che assumono dipendenti con una buona competenza in italiano. “C’è naturalmente l’attenzione per la moda, il made in Italy, la cucina, il design. I prodotti italiani sono associati all’idea di bellezza. Gli egiziani amano inoltre il calcio italiano e vogliono conoscere le espressioni italiane legate a questa disciplina”.

In Tunisia, quando il governo Ben Ali ha introdotto alcune lingue straniere come materie opzionali negli ultimi tre anni di liceo (oggi negli ultimi due anni), è scomparsa la fatidica scelta tra inglese e altre lingue come italiano, spagnolo, tedesco, che si risolveva sempre a favore dell’inglese diventato essenziale per molte discipline. Da quel momento l’italiano iniziò ad avere un numero sempre più cospicuo di studenti.

In Sudafrica ci sono due tipologie di studenti interessati a imparare l’italiano: i figli degli emigrati italiani e i sudafricani. I primi studiano l’italiano perché sono alla ricerca delle loro radici, vivono e/o lavorano già in Sudafrica ma intendono migliorare il loro italiano; i secondi studiano l’italiano per motivi culturali (bellezze naturali, letteratura, arte, ecc.). “L’italiano non è completamente una lingua straniera per gli italiani di 2° o 3° generazione, la cui lingua di educazione è l’inglese. Alcuni parlano quasi perfettamente l’italiano, hanno solo problemi con la scrittura”

In Etiopia, come segnalato in precedenza, ci sono 800 alunni iscritti, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, l’85% dei quali sono alunni etiopi, i restanti sono alunni italiani e italo – etiopi. I due indirizzi proposti dalla scuola italiana di Addis Abeba (Costruzione, ambiente, territorio; Amministrazione, finanza e marketing) consentono di trovare facilmente lavoro in Etiopia. L’italiano viene quindi scelto per necessità in quanto studiare presso la scuola italiana (ritenuta più competitiva rispetto alle scuole americane, francesi e tedesche presenti in loco) significa avere la certezza di trovare lavoro, anche se non legato direttamente all’italiano. I principali sbocchi sono il turismo, la ristorazione, le costruzioni, l’interpretariato e anche la pubblica amministrazione. Nonostante la forte presenza dei cinesi, l’artigianalità italiana è molto apprezzata. Un altro settore interessante è l’insegnamento.

Come abbiamo visto, dunque, molti studenti cominciano a studiare l’italiano alle scuole superiori e c’è chi desidera proseguire gli studi in Italia. Che cosa offre il sistema universitario italiano ai giovani africani che hanno cominciato a studiare la nostra lingua?

Offre, sempre di più, corsi universitari tenuti esclusivamente in lingua inglese. Come del resto ormai fa anche con gli stessi studenti italiani, resi didatticamentre “stranieri in casa propria”. La scelta dell’inglese nel sistema universitario italiano sta diventando un ostacolo verso l’accesso di studenti da parte della vasta e popolosa Africa francofona. Gli studenti di questi Paesi preferirebbero iscriversi ai corsi universitari tenuti in lingua italiana, più siile al francese e dunque ritenuta più facile da studiare rispetto all’inglese.

Nei Paesi dell’Africa anglofona invece, l’italiano si ritira. Mentre avrebbe ottime ragioni per essere studiato. Pensiamo al caso del Ghana, che ha in Italia la quarta comunità ghanese più numerosa al mondo (la seconda in Europa). Eppure qui l’italiano di fatto non è insegnato né nelle scuole, né da Istituti di cultura, né dalla Società Dante Alighieri o istituzioni private.

Siebetcheu parla di una vera e propria crisi dell’italiano nell’Africa anglofona. Questa tendenza negativa è stata analizzata nello studio semplicemente confrontando i dati di questi paesi anglofoni con quelli degli altri paesi africani. La situazione dell’italiano in Uganda e nello Zambia fa notare che l’internazionalizzazione delle scuole italiane prese in esame ha comportato non solo la sostituzione del sistema scolastico di riferimento (quello italiano), ma soprattutto la scomparsa della lingua italiana, quale lingua di insegnamento e come materia curricolare. Come spesso succede, l’internazionalizzazione si è tradotta in anglicizzazione delle scuole. Anche dalla Nigeria, prima economia del continente, con molte aziende italiane e con un numero importante di immigrati in Italia (40 mila nel 2019 secondo i dati Istat), non arrivano notizie confortanti rispetto alla diffusione dell’italiano visto che tutto sembra limitarsi alla Scuola Italiana “Enrico Mattei” di Lagos. A nostro avviso, anche questa questione dell’inglese è una sfida per il prossimo futuro dell’italiano nei paesi anglofoni africani.

Il professor Siebetcheu lo dice senza mezzi termini: l’italiano è “una lingua ormai molto diffusa, in Africa”, aiutata anche da dinamiche migratorie e di ritorno di migranti nei Paesi di origine. Ma perde molte opportunità per via della mancanza di una politica linguistica organica e adeguatamente finanziata. E, aggiungiamo noi, derivante dalla cronica mancanza di fiducia degli italiani verso se stessi e di conseguenza verso la propria lingua.

L’Africa viene da molti definito il continente del futuro. La sua popolazione potrebbe raddoppiare entro il 2100, sfiorando quota 4 miliardi. Una grande opportunità per l’Europa e per l’Italia. Un continente ricchissimo di materie prima e di risorse naturali, per esempio sole, mare, vento e geotermia che sono la chiave per le energie rinnovabili. Può essere una enorme opportunità per l’Italia. Ma utilizzare solo l’inglese può essere controproducente, lo abbiamo visto. Ecco allora che investire nello studio e nella diffusione della nostra lingua e cultura nei Paesi africani, partendo dai più strategici e promettenti, rappresenta una sfida che può dare enormi risultati già nel medio periodo.

Invitiamo il governo e tutte le forze politiche a coglierla.

 

 


Copertina: immagine IA realizzata con Freepik.com


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