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L’intelligenza artificiale è ormai una realtà, già presente in molteplici forme in molti prodotti commerciali, e che promette grandi sviluppi nei prossimi decenni. Per il momento questo termine, in italiano la fa da padrone: quasi nessuno utilizza in un discorso in lingua italiana la locuzione inglese “artificial intelligence”, che però, come spesso accade, è presente quantomeno sotto forma di sigla.
Fin dal film di Steven Spielberg del 2001, l’intelligenza artificiale è abbreviata in AI. È di questi mesi la campagna dell’azienda tecnologica cinese Huawei che promette un nuovo “rinAscImento della fotografia”:
Ma non dappertutto è così. Proprio i prodotti di quell’azienda vengono infatti descritti pochi giorni fa in un articolo del quotidiano torinese La Stampa come potenziati da “quattro fotocamere, IA e batteria super”:
Ma la scelta del quotidiano non è isolata. Il gigante dell’intrattenimento Netflix ha prodotto il film “Tau” dove l’intelligenza artificiale (in toni più forti e inquietanti) la fa da padrona. Ecco la descrizione del film sulla piattaforma Netflix:
“Per fuggire dovrà sconfiggere una sofisticata IA”. La sigla IA viene usata non solo nello scritto ma anche nel parlato del video di presentazione della pellicola. Eccone un breve spezzone:
nel più immediato BAMBINI.
Del resto anche molti film o serie televisive prodotte dall’azienda, hanno titoli o sottotitoli tradotti in italiano: “Annientamento”, “La casa di carta”, “Grenseland terra di confine” e così via. E la dicitura “Netflix Original” viene puntualmente tradotto in “Originale Netflix”. Curato anche il sottotitolaggio, in generale. Insomma, una tendenza che, ad occhio esterno, parrebbe molto più attenta della media dei… media, a un linguaggio chiaro, immediato, e a suo modo anche più rispettoso delle lingue locali diverse dall’inglese.
La questione delle sigle è emblematica della penetrazione degli anglicismi e della penetrazione dell’itanglese. Basti pensare a sigle mediche come quella della Sindrome da Immuno-Deficienza Acquisita, nelle altre lingue neolatine SIDA e in italiano AIDS, o al recente caso legislativo dell’RGPD divenuto in Italia GDPR. L’internet delle cose, anche quando viene chiamato così, viene sempre abbreviato in IoT (Internet of Things).
Fa quindi piacere notare che c’è chi ha il coraggio di usare un acronimo perfettamente corrispondente alla locuzione italiana che si sta utilizzando. Coesione interne e coerenza, questo sta venendo sempre più a mancare alla lingua italiana… e a tanti dei suoi parlanti.
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