L’Italia è diventata osservatore nella comunità dei Paesi di lingua… portoghese

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L’Italia non considera nemmeno l’idea di creare una Comunità italofona per riunire Paesi e regioni a vario titolo legati alla (e dalla) nostra lingua (Svizzera, San Marino, Vaticano, Malta, Corsica, Istria, Slovenia, Albania, Argentina, Brasile, Libia, Somalia, Eritrea, solo per citarne alcuni). In compenso qualche giorno fa ha ufficialmente aderito alla CPLP, la Comunità dei Paesi di Lingua Portoghese, in qualità di Paese osservatore.

Il Ministero degli Esteri italiano fa sapere che “L’Italia ha intensi legami storici, politici, culturali ed economici con i singoli Paesi membri della Comunità e nutre tradizionalmente un grande interesse per la lingua e la cultura portoghesi, favorito dalla comune origine latina della lingua italiana e di quella portoghese. L’adesione del nostro Paese alla CPLP come Osservatore Associato potrà consolidare tale interesse, portare allo sviluppo di progetti congiunti, rafforzare le relazioni economiche e commerciali con gli Stati Membri, nonché favorire ulteriormente rapporti di amicizia e cooperazione”.

Nel documento siglato dal Ministro degli Affari Esteri, Angelino Alfano, il Governo Italiano mette in evidenza il consolidamento delle relazioni bilaterali con tutti i paesi lusofoni, offrendo come esempio il fatto che l’Italia sia il paese non lusofono con il maggior numero di cattedre universitarie di lingua portoghese.

“La tradizionale vocazione italiana per il dialogo, per la mediazione e per l’integrazione culturale fanno dell’Italia un partner credibile per la Comunità, che grazie alla crescente adesione degli osservatori associati, sta diventando sempre più un foro di incontro e di dialogo per i paesi di diverse aree geografiche”, afferma il Governo italiano nella lettera indirizzata alla segreteria esecutiva della CPLP, Maria do Carmo Silveira.

Siamo da sempre favorevoli a una maggiore comunicazione e integrazione tra nazioni di lingua romanza, e piangiamo la dissoluzione dell’Unione latina, ma crediamo che l’Italia debba affiancare al nobile interesse per la lusofonia anche una politica finalmente aperta e lungimirante per la propria lingua, l’italiano.



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