All’Università nazionale somala ripartono i corsi d’italiano

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Fondata insieme agli italiani durante il periodo di Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia, l’Università nazionale somala di Mogadiscio è stata per diverso tempo l’unico ateneo fuori d’Italia a insegnare in italiano. In seguito alla normalizzazione scritta della lingua somala, ai corsi in italiano si affiancarono quelli in somalo e poi in arabo e in inglese. La guerra civile dei primi anni ’90 costrinse l’università alla chiusura, che si protrasse fino al 2014. L’Italia ha sostenuto la riapertura dei corsi, tanto che la stessa UNS aveva dichiarato la sua volontà di voler arrivare a insegnare anche in italiano.

Nelle scorse settimane, un primo passo in questa direzione, quello di tornare a insegnare l’italiano. I corsi di lingua italiana all’Università nazionale somala, interrotti da trent’anni, sono finalmente ripresi. Nell’annuncio dell’ambasciata italiana a Mogadiscio, che supporta finanziariamente l’iniziativa, si legge che “imparare una nuova lingua significa aprire la propria mente e poter cogliere nuove opportunità”.

 

 

La notizia giunge in concomitanza con la ripresa delle trasmissioni in lingua italiana di Radio Mogadiscio, anch’esse interrotte con la guerra del 1991. Ma purtroppo anche con una notizia triste che arriva dalla vicina Eritrea, dove la scuola italiana è stata chiusa e requisita dallo Stato eritreo, interrompendo così la sua storia più che centenaria. Con il nuovo regime scolastico gli studenti eritrei dell’istituto invece che in italiano studieranno non nella loro madrelingua ma in inglese.

“Ci lavoro da un anno a questo progetto – ha raccontato al quotidiano italiano La Repubblica l’ambasciatore Vecchi, autore dell’iniziativa  – Si inserisce in un piano più articolato. Il vecchio rettore della Uns ha lavorato per anni con le nostre università in seguito al lavoro della nostra Cooperazione. Lui voleva la lingua italiana obbligatoria. E l’anno scorso ce l’abbiamo fatta dopo avere avuto l’ok ai finanziamenti. Il cambio del rettore, con idee diverse, ha fatto saltare tutto”. Ma Vecchi non si è arreso e ha fatto partire le classi su base volontaria: “Si sono iscritti in 350 in pochi giorni”.

L’Italia ha responsabilità pesanti in questa parte dell’Africa, dove ebbe una presenza coloniale durata all’incirca 70 anni, seguita da una presenza – soprattutto in Somalia – rilevante fino a tutti gli anni ’80 del secolo scorso. Molti membri della classe dirigenti di questi Paesi accusano l’Italia di essere fuggita, abbandonando al proprio destino i rispettivi popoli, senza assumersi le responsabilità del colonialismo. Il rapporto con la cultura e la lingua italiana sono ancora vive a queste latitudini, anche se indebolite dal tempo e dal disinteresse da parte italiana. Le occasioni per costruire un rapporto alla pari, che dia all’aspetto linguistico il rilievo di un mezzo con cui costruirsi un futuro professionale legato all’Italia ci sono. Qualche anno fa il direttore della scuola di giornalismo dell’Università nazionale somala aveva auspicato un partenariato con atenei e testate giornalistiche italiane per i propri studenti, e la possibilità di farli lavorare anche con la lingua italiana oltre che con l’inglese. Starà all’Italia decidere se cogliere o meno queste opportunità perché portino vantaggi ad ambo le parti.

I segnali di questi ultimi mesi sono incoraggianti, ma la stabilità di queste azioni è purtroppo tutta da dimostrare. Speriamo che questo sia un tassello verso una nuova consapevolezza del mezzo potente che la lingua italiana rappresenta per l’immagine, l’autorevolezza e l’economia italiane nel mondo.


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