Uno studio definisce l’italiano in Istria a rischio estinzione e cerca contromisure

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La lingua italiana in Istria: una ricerca fotografa una realtà in regressione, ma non irreversibile

Una nuova ricerca socio-pedagogica getta luce, con rigore scientifico, sullo stato dell’italiano in Istria. Il quadro che emerge non lascia spazio a illusioni: la lingua italiana nella Regione istriana è in una fase di regressione e può essere considerata “a rischio”. Una constatazione che molti percepivano intuitivamente, ma che ora viene confermata dall’indagine “Vitalità della lingua italiana nella Regione Istriana di Croazia”, presentata alla Comunità degli Italiani di Pola.

Lo studio, realizzato da Andrea Debeljuh, Loredana Bogliun e Aleksandro Burra, è frutto di oltre sei anni di lavoro, reso complesso da limitazioni logistiche e dalla pandemia. La ricerca, sostenuta dall’Unione Italiana e dal Consiglio per la minoranza autoctona, è ora raccolta in una monografia che rappresenta uno dei contributi più completi degli ultimi anni sul bilinguismo in Istria.

Un bilinguismo spesso solo formale

L’indagine non è un semplice sondaggio: sono stati coinvolti 411 enti in 23 località bilingui, tra amministrazioni locali, enti pubblici, associazioni, banche, studi notarili e attività commerciali. Quello che emerge è un bilinguismo presente soprattutto sul piano formale – nelle intitolazioni, nella cartellonistica e nelle informazioni statiche – ma che si indebolisce rapidamente quando la comunicazione avviene “dal vivo”.

Se l’italiano compare in targhe e documenti, nel concreto dell’interazione quotidiana spesso scompare: dopo il saluto iniziale, la conversazione si sposta quasi sempre sul croato, soprattutto in settori come banche, uffici notarili e centri commerciali.

Competenze dichiarate e realtà quotidiana

Solo 65 enti su 411 hanno risposto al questionario approfondito: un segnale eloquente delle difficoltà nell’affrontare il tema. Eppure, oltre il 65% degli enti locali e metà delle aziende affermano di “capire e parlare” l’italiano. Secondo Debeljuh, ciò significa che “nel 70% dei casi, chi parla solo italiano viene comunque compreso”. Tuttavia, la risposta in italiano rimane minoritaria.

La classe dirigente istriana, nel complesso, riconosce il valore dell’italiano: solo il 2% degli intervistati ritiene che non rappresenti una ricchezza.

Una deriva linguistica favorita da meccanismi sociali e biologici

La perdita di vitalità dell’italiano in Istria è legata innanzitutto alla dispersione territoriale e alla riduzione del numero di parlanti: dai 28.000 dichiarati nel 1991 ai 13.000 degli ultimi censimenti. Dati da leggere con cautela – la mortalità non spiega cali così netti – che suggeriscono un cambiamento nell’autoidentificazione etnica e linguistica.

Secondo Debeljuh, esistono anche meccanismi “biologici” e psicologici che incidono sulla scelta della lingua: quando due membri di una minoranza interagiscono in un contesto maggioritario, dopo pochi scambi in lingua dominante tendono a non tornare spontaneamente alla propria lingua. Solo un atto di volontà consapevole permette di invertire questo comportamento.

Il quadro è preoccupante, ma non definitivo: “il paziente sta male, ma non è morto”, sintetizza Debeljuh.

Una minoranza nata da una frattura storica

Loredana Bogliun analizza il contesto storico: l’Istria italiana è oggi una “minoranza di costrizione”, frutto di eventi traumatici quali persecuzioni, esodo, chiusura delle scuole e spopolamento. Dopo decenni di silenzio e adattamento, la comunità è oggi impegnata in un percorso di rinnovamento identitario.

L’istroveneto e l’istrioto rappresentano il cuore dell’identità simbolica degli italofoni. Eppure, nonostante la parità linguistica sancita da accordi internazionali e statuti locali, la loro applicazione resta spesso una “pariteticità di facciata”: nella pratica, i domini d’uso dell’italiano si stanno riducendo rapidamente.

Uno dei problemi più rilevanti è scolastico: lo studio dell’italiano non è obbligatorio per i bambini croati, mentre quelli italiani hanno un carico scolastico maggiore, una disparità che incide sui diritti e sull’effettiva parità.

Le misure proposte: dal monitoraggio alle sanzioni

Per invertire la tendenza, la ricerca propone un pacchetto articolato di interventi:

  • definizione di un documento giuridico unico che uniformi l’applicazione del bilinguismo;
  • monitoraggio costante e possibilità di sanzioni;
  • parificazione delle ore di insegnamento linguistico;
  • introduzione di “bollini bilingui” per gli esercizi che accolgono attivamente entrambe le lingue;
  • creazione di un gruppo di lavoro permanente di esperti;
  • maggiore divulgazione pubblica tramite opuscoli e materiali informativi;
  • analisi sociopsicologiche dedicate alla comunità italiana.

Un dibattito condiviso a livello istituzionale

Alla presentazione erano presenti rappresentanti politici locali e nazionali, dirigenti dell’Unione Italiana, membri del Consiglio della minoranza e diversi amministratori di città istriane. Tra loro i parlamentari Furio Radin e Dušica Radojčić, vari vicesindaci della CNI, la vicepresidente della Regione Jessica Acquavita e il console onorario italiano Tiziano Sošić.

Molte le riflessioni emerse: Acquavita ha parlato di “autocensura linguistica” anche in un contesto non discriminatorio; Paoletić ha auspicato una versione croata della monografia; Sošić ha sottolineato lo scarto tra norme e consuetudini; Radin ha ricordato che “le leggi ci danno più potere di quello che usiamo”, lodando al contempo la qualità dell’italiano usato dagli autori.

Conclusioni

La ricerca offre una fotografia nitida e, per certi versi, severa dello stato dell’italiano in Istria: una lingua ancora presente, ma sempre più confinata ai margini della comunicazione reale. Tuttavia, emerge anche un messaggio di speranza: con interventi mirati, volontà politica e un maggiore impegno individuale, è ancora possibile invertire la rotta.

 


Fonte: La voce del popolo

 


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