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La Juventus, blasonato club italiano, ha ingaggiato ieri Ivano Srdoč, giovane fiumano classe 2005, alunno dell’indirizzo generale della Scuola media superiore italiana di Fiume, messosi in luce con il suo Rijeka nella recente finale di Coppa Croazia, categoria allievi, in cui ha segnato una doppietta che ha steso la Dinamo. Una prestazione che non è sfuggita agli osservatori bianconeri.
Ivano ha svolto le visite mediche ed è pronto ad unirsi alla U19 guidata da Paolo Montero, ma se saprà mettersi in luce durante la stagione, potrebbe anche dare una mano ai compagni sotto i 23 anni.
Il giovane talento si racconta così in un’intervista al quotidiano italofono La Voce del popolo:
“Da piccolo la mia passione era il tennis. All’età di 4 anni giocavo con papà. Da quando ho visto però il pallone di calcio tutto è cambiato. Ho iniziato ad allenarmi a Zamet, dove vivo da sempre, ma nessuno voleva prendermi. Poi, ai tempi della prima elementare, sono passato alla scuola calcio Torretta. Lì sono maturato un po’ come giocatore, quanto è bastato per ricevere l’invito da parte del Rijeka per vedermi all’opera. Ed è andata bene. A casa i miei pensavano che si trattasse soltanto di una passione… passeggera, ma non è stato così. Con il tempo hanno capito che avevo talento e hanno approvato pienamente la mia scelta. Li ringrazio per l’incoraggiamento che mi hanno dato e che continuano a darmi.”
Vi raccontiamo questa storia per sottolineare come lo sport potrebbe essere un’ottima occasione per parlare di italofonia, di quelle comunità di lingua italiana fuori dai confini italiani che pure esistono e che andrebbero conosciute e valorizzate. Questi eventi possono e devono essere occasioni per farlo. Ivano su quasi tutti i media italiani viene descritto con un “giovane calciatore croato”, ma è più di questo. Rappresenta una comunità oggi numericamente piccola ma vivace, che chiama l’Italia “madrepatria” pur riconoscendosi politicamente nelle repubbliche di Croazia e di Slovenia. Che è di madrelingua croata e slovena ma anche italiana, e spesso usa pure il proprio dialetto, che tramanda orgogliosamente.
Qualche settimana fa è approdata al Lecce Calcio la punta gambiana Assan Ceesay e ci ha fatto molto piacere leggere un articolo che sottolineava come i suoi anni di carriera in Canton Ticino ora gli sarebbero tornati utili per integrarsi in Italia:
“E’ infatti nella Svizzera italiana che il classe 1994 si è affermato per la prima volta nel calcio europeo, acquistato del 2016 dall’ambizioso Lugano. Per quasi tre anni è stato di proprietà dei bianconeri, dando però il meglio di sé qualche chilometro più a sud, a Chiasso. Sempre Canton Ticino e sempre tifoseria italofona a sostenerlo, cosa che gli renderà certamente più semplice l’adattamento nel nuovo contesto.”
Restando in Svizzera, qualche anno fa l’italiano era stato definito “lingua franca” della nazionale elvetica, dove i calciatori erano di tantissime madrelingue diverse ma quasi tutti conoscevano l’italiano, usandolo quindi per comunicare tra loro. Scriveva TVsvizzera.it nel 2016:
“Tranquillo Barnetta e Diego Benaglio sono di origini italiane (anche se l’italiano lo parlano con difficoltà). Valon Behrami, Mario Gavranovic e in parte anche Admir Mehmedi sono cresciuti in Ticino. C’è poi tutta una serie di giocatori che hanno avuto o hanno esperienze nel massimo campionato italiano di calcio: Lichtsteiner (Lazio, Juventus) Seferovic (Fiorentina, Lecce, Novara), Von Bergen (Cesena, Palermo), Senderos (Milan), Inler (Udinese, Napoli), Dzemaili (Napoli), Fernades (Udinese), Ziegler (Sampdoria, Sassuolo). Anche lo staff tecnico parla italiano: l’allenatore Ottmar Hitzfeld ha trascorsi calcistici a Lugano. Il suo vice Michel Pont è stato allenatore del Lugano mentre l’allenatore dei portieri Patrick Foletti è un ticinese doc.”
In bocca al lupo a Ivano Srdoč e a tutti i talenti di lingua italiana, acquisita o madrelingua, perché possano trovare in Italia un ambiente accogliente e tante soddisfazioni sportive.
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Copertina: Foto di SeppH da Pixabay
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