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Il nome “Via Dolorosa” sulla targa nella città vecchia di Gerusalemme che vedete qui sopra è in latino, ma funziona anche in italiano, lingua che pure a queste latitudini è in qualche modo di casa, complice anche il suo ruolo nella Chiesa. Ma andiamo con ordine. Come già citato in precedenza su Italofonia, l’italiano (o i dialetti italiani) vanta una lunga tradizione da lingua franca nel Mediterraneo. In Terra Santa questa tradizione né è esempio. Sin dal basso medioevo l’italiano è presente in Medio Oriente sia grazie alle colonie stabilite dalle repubbliche marinare in Terra Santa, dove avevano stabilito parecchi avamposti commerciali (come a Gerusalemme, Beirut, Giaffa, Acri e Tripoli), sia grazie ai pellegrini che visitavano i luoghi santi del Cristianesimo. Un bell’esempio di simbiosi fra entrambi i ruoli è quello di Mauro Pantalone, mercante amalfitano che fondò a Gerusalemme l’ospedale da cui ebbe origine l’Ordine dei Cavalieri di Malta.
L’italiano lingua religiosa
Se la fase aurea dell’italiano commerciale è tramontata, l’italiano in abito religioso può ancora risultare utile come lingua di contatto in Terra Santa. La Custodia di Terra Santa è affidata ai frati francescani, presenti nel territorio sin dal 1342, e il loro impiego dell’ italiano come lingua amministrativa e scolastica è documentato sin dal 1674 dal gesuita, Michel Nau, nel suo Voyage nouveau de Terre Sainte.
Ancor oggi infatti, nei servizi delle emittenti cattoliche come CMC – Terra Santa News e Vatican News, è possibile osservare come i religiosi ivi presenti impieghino l’italiano come lingua vernacolare. Tanto per dare un esempio, nel 2018 la Custodia comprendeva religiosi proveniente da 44 distinti Paesi. Ogni frate inviato in terra santa deve conoscere l’italiano, così come il latino e l’arabo. Inoltre, l’italiano viene insegnato dai frati a bambini arabi e israeliani nelle scuole curate dai francescani a Betlemme e a Gerusalemme.
L’italiano presso gli israeliani
Presso i licei e le università, l’italiano è la lingua straniera scelta da circa 5 mila israeliani. Oltre a fattori a fattori tradizionali come la moda, il cibo, la musica lirica e il turismo, anche le opportunità di affari destano l’interesse di coloro che scelgono d’imparare la lingua italiana.
Cercando di andare all’incontro di queste domande le autorità consolari italiane hanno promosso nel 3 febbraio 2015 gli stati generali della lingua italiana presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, che hanno contato con la partecipazione di enti italiani e israeliani. L’evento ha visto anche la partecipazione degli Istituti Italiani di Cultura di Tel Aviv e Haifa.
Nel 2016, a Gerusalemme, è stato promosso il ruolo dell’italiano anche come lingua identitaria dei discendenti di emigrati italiani, denominati localmente italkim.
Il progetto “Hakesher Ha-Rav Dorì” – legame multi generazionale, ha realizzato quattordici incontri presso la scuola elementare Yehudà Halevì di Gerusalemme, nei quali emigrati italiani raccontavano agli allievi le loro storie di vita. Nello stesso anno inoltre, il Comites di Gerusalemme ha avviato l’iniziativa del doposcuola di lingua italiana, da svolgersi durante l’anno scolastico. Il superamento dell’esame d’italiano, alla fine del ciclo di lezioni, conferirebbe 5 crediti all’esame di maturità israeliano (Bagrut).
La comunità italo – israeliana contava anche su un giornale in lingua italiana: kol ha-italkim, la cui pubblicazione purtroppo è stata interrota nel 2018.
L’italiano presso i palestinesi
Anche tra i palestinesi la lingua italiana ha trovato modo di diffondersi. A Betlemme funziona dal 2011 una scuola d’italiano gestita dalla Fondazione Giovanni Paolo II, all’interno del programma PMSP (Palestian Municipalities Support Programme), per il supporto allo sviluppo degli enti locali palestinesi. La fondazione eroga corsi di lingua italiana mirati all’ottenimento della certificazione CELI.
A Ramallah, la Società Dante Alighieri ha aperto nel 2018 una sede locale, alla cui cerimonia d’inaugurazione si trovava anche il ministro dell’educazione palestinese Sabri Saidam. Inoltre, già dal 2015 l’italiano è materia optativa presso gli studenti dell’Università di Berzeit-Ramallah.
L’italiano nella stampa locale
Pure presso la stampa locale di entrambe le comunità è possibile trovare periodici redatti in lingua italiana. Infatti è interessante leggere e analizzare i fatti raccontati da due sguardi a volte assai distinti. Ne sono esempi israele.net, giornale elettronico israeliano in lingua italiana, e amiciziaitalo-palestinese.org, pure in italiano e che racconta invece le notizie dal punto di vista palestinese.
Tutto sommato, è possibile affermare che la lingua italiana svolge da secoli un ruolo da ponte fra culture in Terra Santa, necessario come non mai nel presente. Una cultura che trova modo di muoversi fra entrambe le comunità che vi risiedono, nella speranza che possa un giorno, magari, servire ad avvicinarle l’una all’altra.
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L’autore
Renê Augusto Dian Negrini. Insegnante d’italiano in Brasile da 10 anni. Ha ottenuto nel 2017 la Laurea Triennale in Lingua Italiana, e nel 2022 il Master di Primo Livello in Lingua Italiana, entrambi presso il Consorzio ICoN. Appassionato di lingua e storia, si dedica a sostenere e diffondere l’italiano in terre brasiliane.
Copertina: foto da wikimedia
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