Condividi questo articolo:
È di poche ore fa la notizia di una Superlega delle principali società calcistiche europee, un campionato “privato” sul modello della NBA, la lega di pallacanestro statunitense. Non vogliamo qua entrare nel merito del progetto, che potrebbe anche non vedere mai attuazione concreta, ma utilizzarlo come spunto per un’analisi linguistica sull’interferenza dell’inglese in ambito sportivo.
I giornali, i siti specializzati e i canali TV italiani oggi presentano il nuovo progetto alternando il nome inglese (l’unico ufficiale a onor del vero), “Super League” con l’italiano Super Lega (o Superlega). Una scelta inaspettata dato che la Champions League, sostituta della Coppa dei Campioni da più di vent’anni, non è mai diventata in Italia una Lega dei Campioni (mentre invece in Francia viene chiamata anche ufficiosamente Ligue des Champions senza problemi). E lo stesso dicasi per Europa League e Nations League.
Qualche immagine che alcuni lettori ci hanno inviato nelle scorse ore mostra come, per così dire, in Superlega l’italiano stia per il momento tenendo testa all’inglese:
La cosa naturalmente ci fa piacere – anche se attendiamo di vedere quale delle due formule prevarrà – e al contempo ci stupisce. Negli ultimi 15 anni infatti l’inglese ha invaso il campo del lessico italiano anche nello sport. E parliamo anche della comunicazione stessa delle squadre verso i propri tifosi, in larga parte italiani.
È il caso della Juventus, dominatrice degli ultimi nove campionati di Serie A festeggiati con una serie di motti sulle reti sociali che celebravano via via il nuovo traguardo. Tutti in inglese. Nell’ordine: Hi5tory (5 campionati vinti di seguito), Le6end (sei), M7th, W8nderful, Stron9er. Quest’anno la striscia è destinata a spezzarsi.
Questo per festeggiare, ricordiamolo, vittorie nel campionato nazionale dato che, purtroppo per i suoi tifosi, la Juve manca l’appuntamento con “la Champions” dal 1996. Questo rende ancora più curioso il fatto che altre squadre, per celebrare invece una vittoria europea, internazionale, non abbiano sentito il bisogno di ricorrere all’inglese. Ecco infatti il Siviglia festeggiare nella scorsa stagione il trionfo in Europa League (ex Coppa UEFA, la loro sesta consecutiva) con magliette celebrativa su cui campeggia la scritta “Campe6nes” (Campioni, in spagnolo):
A proposito di successi europei, Cristiano Ronaldo al suo arrivo a Torino aveva dichiarato di voler vincere ad ogni costo proprio la Champions League. Anzi, in realtà la Liga dos Campeões, per usare le sue parole…
Le società di calcio italiane ormai da diversi anni hanno deciso di adottare l’inglese nelle proprie comunicazioni, con motti e hashtag che stridono un po’ con la tradizione e la storia di questi club: #WeAreACMilan #LiveAhead e così via.
E “la Pinetina”, storico centro dove si allena l’Inter? Eccola dopo l’acquisto della società milanese da parte dell’azienda cinese Suning:
Questo avviene mentre altre squadre conosciute globalmente, continuano invece a tenera la lingua locale in grande considerazione, basti pensare al catalano per il Barcellona, il cui stadio si chiama ancora Camp Nou e non Barcelona Stadium, né Barcelona Arena.
Questa tendenza si riscontra anche in altri sport, come la pallavolo (ammesso che la si possa chiamare ancora così invece di Volley) dove le partite trasmesse sui canali italiani sono pieni di attacchi “fast” e videochallenge dove stabilire se “palla IN o palla OUT” o se c’è stato un “block touch”.
Ma in realtà sono tutte le discipline sportive a riempirsi sempre più di termini tecnici inglesi. Certo, lo stesso “sport” è tecnicamente un anglicismo puro, noi non usiamo diporto o deporte alla spagnola, ma lo abbiamo ben adattato ed è ormai consolidato. Il punto è che pure i nomi dei nuovi sport nascono e restano in inglese, anche dove si tratta di nuove versioni di giochi esistenti: non pallamano o pallavolo da spiaggia ma beach handball e beach volley, mentre la pallacanestro è ormai basket (senza ball). Se praticata da disabili, non diventa neppure basket in carrozzina, ma direttamente wheelchair basket. E la camminata nordica, persino nei volantini degli alberghetti di montagna, si chiama sempre e solo nordic walking.
Questo avviene ormai fin dallo sport dilettantistico (un lettore ci segnala che suo figlio in prima media utilizza un agility ladder e fa warm up con gli esercizi full body) per arrivare ai massimi livelli del professionismo. Del resto l’Italia non ha più una squadra olimpica ma un Olympic Team…
Anche quando le Olimpiadi le ospita, si convince che questo onore l’abbia ottenuto per un po’ d’inglese parlato sul palco.
Il complesso d’inferiorità linguistica collettivo che dall’inizio di questo millennio ha investito il Bel Paese continua a ingigantirsi e ormai tutto ciò che è nuovo e tutto ciò che è internazionale devono per forza chiamarsi in inglese. Fa quindi notizia il fatto che una nuova competizione internazionale trovi sui giornali un nome italiano. Una competizione, la Superlega europea di calcio, che molti si augurano non vedrà mai la luce, ma che forse potrebbe aiutare a far luce sul mistero di un Paese che non perde occasione di rinunciare alla propria lingua.
Questo sito è gestito gratuitamente da volontari che ne sostengono i costi. Aiutaci donando una cifra a tua scelta:
Condividi questo articolo: