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Recentemente, Brasile e Italia sono andati alle urne per leggere nuovi governi, in un contesto internazionale incerto e candidati controversi. I rispettivi contesti politici d’Italia e Brasile infatti presentano molte similitudini, nel passato recente e nell’attualità.
Anche i rispettivi linguaggi di questi Paesi hanno creato definizioni per questi eventi, con risultati curiosamente similari.
Le premesse – istituzionali e linguistiche
L’Italia è una repubblica parlamentare, mentre il Brasile invece, è una repubblica presidenziale. Questo fatto dovrebbe di per sé rappresentare significative differenze nelle dinamiche politiche dei due Paesi, ma le differenze non sono così profonde.
I governi dell’Italia repubblicana, nell’affanno di raggiungere stabilità politica, hanno sempre cercato di attrarre un ampio arco di partiti nelle sfere ministeriali, pratica che fu la culla del sistema definito governo di coalizione.
Nonostante il Brasile sia una repubblica presidenziale, i presidenti eletti dopo la ri-democratizzazione nel 1988, scelsero una soluzione analoga creando la formula brasiliana del governo de coalizão, che in sintesi adotta la stessa prassi politica italiana: attrarre il maggior numero di partiti al governo, conferendogli ministeri e posti di potere, in cambio di sostegno nelle case legislative ai progetti dell’esecutivo.
Questo processo fu anche facilitato dall’aspetto burocratico visto che il Brasile, come l’Italia della prima repubblica, presenta un’economia in cui lo Stato interviene fortemente. Se in Italia la presenza di ENI, ENEL e altri, fece che il Paese fosse stato conosciuto come il Paese dell’Ente, anche le statali brasiliane come Petrobrás, Eletrobrás e altre, fecero che il Brasile fosse conosciuto come o País do –brás.
Questo gigantesco apparato politico economico fu il palcoscenico di larghe manovre di lottizzazione e spartizione di spazi fra i partiti al potere. In Brasile ci fu chi definisse il “governo di coalizione” come “governo di commutazione”, un sistema basato sullo scambio di soldi e favori. E anche se la dinamica politica brasiliana presentasse ancora alcuni elementi distinti da quelli italiani, gli scandali scatenati hanno prodotto risultati assai simili a quelli verificatisi in Italia quando della crisi della Prima Repubblica.
I suffissi dello scandalo –poli vs. -ão
La crisi politica che portò al crollo della Prima Repubblica italiana tra il 1992 e il 1994 ebbe come atto fondante Tangentopoli, lo scandalo di corruzione che designava lo schema di tangenti ricevute da politici in cambio di favori e vantaggi illeciti. Il suffisso –[o]poli, derivato dal greco polis (città), passò a designare un intero sistema corrotto, come una città corrotta, retta da un elemento o su cui è basato (anglicismi a parte, difficile non pensare al ritornello “we built this city on rock and roll”). Dalla prima città, costruita su tangenti, l’Italia vide l’avvento di parecchi altri sistemi di corruzione come calciopoli (riguardo a manipolazioni delle partite di calcio), concorsopoli (riguardo ai pubblici concorsi), farmacopoli (riguardo a illeciti nell’acquisto di farmaci), e parecchie altre.
In Brasile un analogo sistema di tangenti (in portoghese chiamate propinas) venne denunciato, nel 2006. Siccome lo schema corrotto si basava su pagamenti mensili ai parlamentari in cambio di sostegno politico, ne derivò al denominazione Mensalão. Da questo momento in poi, il suffisso –ão, aumentativo maschile della lingua portoghese impiegato per denotare la grande dimensione di un oggetto o situazione, stette presente su tutti i grandi scandali politici esposti al pubblico: come Tremsalão (riguardo a illeciti nella gestione di treni), Petrolão (riguardo a illeciti nella statale petrolifera), Covidão (riguardo a illeciti nell’acquisto di insumi per contrastare il Covid), Bolsolão (riguardo a illeciti nell’ attuale governo brasiliano), per citare alcuni. Il fatto fu oggetto di un articolo ironico su Espresso, associabile forse alla canzone “Cacao Meravigliao” di Renzo Arbore.
Le operazioni giudiziarie: Mani Pulite vs. Lava Jato
Per contrastare la corruzione di Tangentopoli, la magistratura italiana scatenò l’operazione Mani Pulite nel 1992. Il nome, attribuito dalla stampa, è un riferimento al film Le mani sulla città (1963), di Francesco Rosi (quindi altro riferimento indiretto alla polis). Nel film, un politico veniva accusato di avere le mani “sporche” di soldi illeciti, denuncia a cui replicava dicendo di avere le “mani pulite”.
L’ondata di inchieste e arresti, tra altri provvedimenti giudiziari, produsse un terremoto politico epocale in Italia, provocando la crisi di alcuni dei partiti politici più tradizionali d’Italia, il che rappresentò la fine della Prima Repubblica agli occhi della stampa e della società. Fine consolidata con le elezioni di nuove forze politiche nel 1994.
In Brasile l’operazione Lava Jato, iniziatasi nel 2014, aprì le indagini sullo schema di corruzione all’interno della statale petrolifera brasiliana Petrobrás, e quindi chiamato Petrolão.
Lava Jato, in italiano autolavaggio, non è tuttavia un allusione a una necessaria operazione di pulizia nella politica brasiliana, ma a una stazione di servizio in cui automobili venivano anche lavati, e che fu oggetto della prima indagine della squadra dei PM brasiliani. Comunque, dal punto di vista strutturale, effettivamente le similitudini sono molte. Anzi, il capo dei procuratori brasiliani affermava di essersi ispirato proprio alla squadra italiana che sviluppò le indagini anticorruzione di Mani Pulite.
Come l’analoga italiana, le inchieste di Lava-Jato risultarono in diversi arresti e denunce, e anche se in Brasile il terremoto politico non avesse né la stessa dimensione né la stessa durata di quello italiano negli anni ’90, influenzarono assai le elezioni del 2018, rovesciando gli equilibri politici e portando al potere nuove figure, come era successo in Italia nel 1994.
Epilogo: “buon” governo e “nuova” politica
I governi arrivati al potere in Italia nel 1994 e in Brasile nel 2018, aventi come slogan principale la libertà, promettevano una nuova era nei loro rispettivi Paesi: l’era del “buon governo” in Italia e quella della “nuova politica” in Brasile. In entrambi i casi, le grandi promesse ed enormi aspettative si videro ampiamente infrante, portando a un ripristino delle forze politiche anteriormente al potere.
Purtroppo, come tante volte accade in sede di politica, spesso i “nuovi” politici non risultano diversi da quelli “antichi”. E il risultato è quello di far tornare “buoni” i “cattivi” di altri tempi. Ma sarà forse uno dei pilastri della politica: la possibilità, anche senza sforzo, di poter tornare limpidi e candidi agli occhi degli elettori. Questa potrebbe essere la radice stessa del verbo ricandidarsi, in portoghese recandidatar-se.
L’autore
Renê Augusto Dian Negrini. Insegnante d’italiano in Brasile da 10 anni. Ha ottenuto nel 2017 la Laurea Triennale in Lingua Italiana, e nel 2022 il Master di Primo Livello in Lingua Italiana, entrambi presso il Consorzio ICoN. Appassionato di lingua e storia, si dedica a sostenere e diffondere l’italiano in terre brasiliane.
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