Il gruppo Incipit della Crusca compie 5 anni. Un bilancio

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Il 18 febbraio 2016 veniva ufficialmente lanciata, sul sito dell’Accademia della Crusca, la sezione dedicata al gruppo Incipit. Il gruppo, nato in seguito alle discussioni del convegno su «La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi» (Firenze, 23-24 febbraio 2015), i cui atti sono pubblicati nel libro digitale La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi, a cura di C. Marazzini e A. Petralli (Firenze, Accademia della Crusca / goWare, 2015), vide la partecipazione, oltre che di Accademici, anche di comunicatori, come la pubblicitaria Annamaria Testa autrice della petizione “Dillo in italiano”. La petizione, che raccolse oltre 70mila firme di persone contrarie a un eccesso dell’uso di parole inglesi in italiano, ebbe una tale eco da incoraggiare proprio la Crusca ad agire concretamente creando Incipit.

Un’iniziativa degna di lode. Ancor più perché, ricordiamolo, la Crusca, benché sia una delle più antiche e prestigiose Accademie nel suo genere, non gode di lauti finanziamenti. Anzi. Ha pochissimo personale assunto, molti collaboratori esterni, e gran parte degli Accademici, illustri linguisti e professori, prestano il loro servizio gratuitamente. La Crusca corse addirittura il rischio di venire inclusa nella lista degli “enti inutili” che un governo italiano si era impegnato ad eliminare per tagliare gli sprechi nel bilancio dello Stato.

Tanto di cappello dunque, per aver dato vita a questa iniziativa. Iniziative simili esistono in altri Paesi, come Francia e Spagna, con ben altri fondi e attenzioni. Abbiamo riservato proprio al confronto con l’approccio di altri Paesi agli anglicismi una sezione del nostro minisito dedicato al tema degli anglicismi.
A cinque anni dalla nascita del collettivo, però, vorremmo cercare di tracciare un bilancio sul suo operato.

Ricordiamo che lo scopo dichiarato del gruppo è quello di “monitorare i neologismi e forestierismi incipienti, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana e prima che prendano piede” e “ha il compito di esprimere un parere sui forestierismi di nuovo arrivo impiegati nel campo della vita civile e sociale”. Il gruppo “respinge ogni autoritarismo linguistico” ma “vuole suggerire alternative agli operatori della comunicazione e ai politici, con le relative ricadute sulla lingua d’uso comune”. Riassumendo, l’obiettivo è quello di rilevare i forestierismi (che oggigiorno vuol dire quasi sempre anglicismi) non adattati appena si affacciano all’uso in italiano, e suggerire delle alternative. Poi, chiaramente, ognuno sarà libero di adottarle o meno.

Ora, gli anglicismi crudi secondo lo spoglio dei principali dizionari aumentano al ritmo medio di una sessantina di nuove parole all’anno. Nei suoi cinque anni di vita, il gruppo Incipit, a fronte di circa 300 nuovi anglicismi crudi entrati in italiano, ha prodotto 15 (sì, quindici) comunicati stampa, relativi ad altrettante parole. Eccoli:

A fronte di 60 parole all’anno, una media di 3 comunicati.

Stupisce dunque l’esiguità numerica dei comunicati, ma anche il fatto che essi trattino i singoli esempi in cui un anglicismo si manifesta, senza considerare che quella parola o quel tipo di linguaggio è ormai tipico e diffuso. Molti termini, inoltre, non possono già più essere considerati “incipienti” al momento dell’uscita del comunicato. Già a colpo d’occhio, nell’elenco qui sopra di nota l’assenza di termini nati e cresciuti con la pandemia, come lockdown, smartworking, cashback e tanti altri come cashless e contactless, solo per citare alcuni esempi. L’iniziativa di un privato cittadino, il dizionario delle Alternative Agli Anglicismi da noi ospitato, ha reso disponibili in meno di un anno le alternative a più di 3700 anglicismi comuni. La Crusca, con la sua autorevolezza, potrebbe non solo fare altrettanto, ma contribuire alla circolazione di queste alternative, che poi potranno attecchire o meno, secondo il sacrosanto principio che ciascuno parla come vuole.

Per citare un articolo di Antonio Zoppetti, il gruppo Incipit sembra concentrarsi sulle pagliuzze dei singoli casi, piuttosto che sulle travi costituite dai tantissimi anglicismi crudi ormai onnipresenti sui giornali, il televisione, in Rete, nel linguaggio politico e anche in quello comune.

Lo stesso Zoppetti proponeva, in un altro articolo datato maggio 2019, un’analisi del metodo di lavoro di Incipit, evidenziano dei limiti strutturali: “Per prima cosa non è facile capire quando un forestierismo appare, siamo avvolti quotidianamente da nuvole di anglicismi, ma è difficile prevedere quali siano occasionalismi passeggeri e quali si stabilizzeranno. Tullio De Mauro ha notato come molte espressioni (per esempio benchmark) si fossero accreditate nell’uso tecnico già decenni prima che il termine si diffondesse nell’uso comune. […] Dunque, visto che prima di radicarsi gli anglicismi sono spesso preceduti da un “periodo di latenza” (come ha osservato Michele Cortelazzo), il Gruppo Incipit dovrebbe creare un doppio argine, per essere efficace: diffondere le alternative italiane innanzitutto nei linguaggi di settore, quando appaiono (ma anche questo è un compito arduo) e in seconda battuta alzare gli argini quando si riversano nel linguaggio comune per i motivi più disparati. Se non si crea il primo argine sarà più difficile che funzioni il secondo, perché quando una parola esce dal suo ambito specifico per diventare popolare, i giornali la ripropongono bella e pronta senza traduzioni. È così che i tecnicismi inglesi, che nei linguaggi di settore vengono tradotti sempre meno, tracimano poi nel linguaggio mediatico: know how oppure benchmark, spread, spending review…”.

Ciò che è necessario, continua, è un cambio di prospettiva: “Credo che nessuno voglia scalzare parole come film o sport, in primo luogo perché sono addirittura ottocentesche, ma soprattutto perché non violano il nostro sistema grafico e fonetico, e per questo sono state assimilate senza troppi problemi generando anche una serie di derivati perfettamente italiani nella loro struttura: filmino, filmare, sportivo, sportività… Lo stesso non si può dire di know how. In ogni caso, affermare che non è possibile arginare un anglicismo ormai radicato può essere vero da un punto di vista statistico in Italia, ma non è affatto vero logicamente né è applicabile a quanto avviene all’estero. E qui si ritorna al solito problema: ha poco senso combattere i singoli anglicismi, bisogna creare un nuovo atteggiamento, tentare una rivoluzione culturale e lavorare per seminare le condizioni perché anche nel nostro Paese si spezzi la “strategia di dirlo in inglese” e si possa tornare a parlare in italiano senza vergogna e complessi di inferiorità. Questo è il terreno della battaglia, un terreno che dovrebbe essere salvaguardato dalla politica e dalle istituzioni, non solo dalla Crusca.”

L’Accademia della Crusca non fa che ribadire ovunque il suo ruolo di monitoraggio, di registrazione della lingua così com’è, sottolineando che non ha intenzione di prendere posizioni che possano essere “prescrittive” o influenzare i parlanti. Ma in realtà, su altre questioni linguistiche si è schierata. Nel 2007, una direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche) invitava a usare un linguaggio non discriminante nei documenti di lavoro per favorire in questo modo una politica per le pari opportunità. L’Accademia della Crusca, qualche anno dopo, ha affiancato il Comune di Firenze nello stilare le Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo, per stabilire caso per caso come si potesse rendere il femminile più opportuno. In questo modo, l’uso di termini come ministra, sindaca, poliziotta anziché donna poliziotto e simili ha preso piede non solo nei dizionari, ma anche nel linguaggio dei giornali.
Da marzo del 2017, per le donne è possibile richiedere all’Ordine degli Architetti il duplicato del timbro professionale con la dicitura ufficiale di “architetta”. Nel giuramento del governo Draghi, di pochi giorni fa, è stato usato il termine “ministra”, presente anche sul sito ufficiale di ciascun ministero.

Se siamo d’accordo che è corretto che si possa usare ministra, sindaca, architetta, così come si è sempre detto maestra, bidella, professoressa, non ci vorrebbe poi molto per regolamentare anche le alternative per gli anglicismi in nome delle pari opportunità della lingua, oltre che del gentil sesso.

Facciamo gli auguri al gruppo Incipit. E il nostro augurio è che possa cambiare passo. Possa abbracciare un cambio di prospettiva, gettare il cuore oltre l’ostacolo e superare qualsiasi tipo di complesso. Un’istituzione così prestigiosa ha non solo il diritto ma anche il dovere di affrontare in modo organico il tema dei forestierismi e degli anglicismi, non con uno spirito purista anacronistico, ma con la consapevolezza che una lingua che sceglie sistematicamente come unico strumento di evoluzione l’adozione di parole straniere crude, senza più saper rielaborare i concetti con metafore proprie non è una lingua sana. E non ci si può limitare a registrarlo come fatto. Si ha il dovere di fare qualcosa. Qualcosa di più di 15 comunicati in cinque anni.


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