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Diventerà più difficile per le università dei Paesi Bassi offrire programmi in lingua inglese. Il ministro dell’Istruzione olandese Eppo Bruins vuole essere più severo di quanto previsto dal suo predecessore, scrive alla Camera dei Rappresentanti.
La notizia è stata riportata tra ieri e oggi, tra gli altri, dal quotidiano olandese in lingua italiana 31mag. Ci sono diversi giornali e radio nella nostra lingua in diversi Paesi del mondo, dall’Europa, all’Africa, all’Asia e alle Americhe: scoprili sul nostro sito Dal Mondo.
La decisione di ridurre l’offerta universitaria in inglese ha motivazioni concrete e precise. Il ministro Bruins vuole limitare l’arrivo di studenti stranieri. Li incolpa della carenza di alloggi tra gli studenti, del sovraffollamento delle aule e del carico di lavoro degli insegnanti. Una delle cause individuate dall’esecutivo è l’abuso dell’istruzione erogata in lingua inglese. Se i programmi insegnano essenzialmente in olandese, a parte, ad esempio, qualche lezione per gli ospiti, gli studenti stranieri avranno meno probabilità di venire qui. Ciò migliorerebbe anche le competenze linguistiche degli studenti olandesi. I giovani infatti stanno progressivamente perdendo competenze nella propria lingua madre, che in alcuni atenei è usata non solo come lingua d’insegnamento unica e obbligatoria per la maggioranza dei corsi, ma addirittura dalle segreteria e dall’amministrazione.
La proposta prevede che quasi tutti i programmi di laurea in lingua straniera siano sottoposti a una verifica. Se non soddisfano i criteri, devono passare all’olandese. Per inciso, questa era una proposta del precedente gabinetto, di cui Bruins si fa carico con l’intendo di presentarla e farla approvare.
Le eccezioni resteranno possibili. I programmi linguistici, ad esempio, non dovranno superare la verifica. Un programma potrà anche essere in lingua inglese se ciò è positivo per una regione in contrazione (dove le università attirano pochi studenti) o in caso di grave carenza sul mercato del lavoro. Ma Bruins vuole rendere più difficile appellarsi al “carattere internazionale” dei programmi di studio, e anche una quarta ragione (“questo è l’unico programma di studio, quindi deve essere in inglese”) ha meno probabilità di essere ascoltata, per quanto lo riguarda. Altrimenti, teme che l’eccezione diventerà presto la regola.
La verifica, sulla carta, sarà rivolta solo ai programmi di laurea, ma questo “non è assolutamente una licenza per i master”, scrive Bruins. “Discuterò con le istituzioni su questo punto e continuerò a monitorare l’offerta di master”.
Secondo Bruins, anche la lingua amministrativa delle università e dei college dovrebbe essere l’olandese. Alcune istituzioni sono passate all’inglese per coinvolgere il personale e gli studenti internazionali o per poter assumere amministratori stranieri. Per quanto lo riguarda, questa situazione è destinata a finire.
Bruins ritiene “indesiderabile” che gli studenti europei ricevano qui finanziamenti per lo studio e ripartano dopo gli studi senza aver contribuito alla società e all’economia del Paese.
Ma, indesiderabile o meno, non può fare nulla nell’immediato. Dopo tutto, all’interno dell’Europa c’è la libera circolazione delle persone. Il gabinetto vuole cercare sostenitori nell’UE per cambiare qualcosa su queste regole, ma è un processo “lungo” e l’esito è “molto incerto”.
Le prime reazioni degli atenei olandesi sono di contrarietà.
“Questa lettera è un’ascia spuntata che colpisce l’internazionalizzazione”, afferma il portavoce Ruben Puylaert dell’associazione delle università UNL. Il ministro ha previsto un taglio di 293 milioni di euro, pari a circa la metà di tutti gli studenti internazionali dell’istruzione superiore”.
Si chiede quanto possa essere accurato il test per la lingua di insegnamento dei corsi di laurea, se il risultato (meno studenti) è già fissato. Cambia la posta in gioco del progetto di legge presentato dal precedente gabinetto. Siamo molto preoccupati”, afferma Puylaert. Per quanto ci riguarda, è necessaria una nuova revisione da parte del Consiglio di Stato”.
Tra l’altro, da anni le università chiedono maggiori opportunità per gestire l’afflusso di studenti stranieri. Ad esempio, volevano poter introdurre un numerus fixus sui percorsi in lingua inglese. L’idea è che i percorsi in lingua olandese resterebbero aperti agli studenti olandesi e non verrebbero esclusi dalla concorrenza del resto del mondo. Questa possibilità è ora prevista dalla legge e potrà essere applicata a partire dal 2026.
La battaglia politica è aperta. Non è ancora detta l’ultima parola in merito. La Camera dei Deputati ha posto domande di ogni tipo e le risposte coprono più di cento pagine. Staremo a vedere.
Ciò che è certo è che, mentre in Olanda e nei Paesi scandinavi ci si chiede se l’iper-angificazione delle università sia stata una buona idea. in Italia si procede spediti e senza porsi domande in direzione opposta. L’ultimo eclatante caso, portato da Italofonia agli occhi dell’Accademia della Crusca e alla ribalta nazionale, è quello della sede riminese dell’Università di Bologna, dove il corso in Economia del Turismo, già in doppia lingua, ha visto l’abolizione del corso in italiano per lasciare solo quello in inglese. Senza che la politica abbia battuto ciglio.
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Copertina: immagine di Marjon Besteman da Pixabay
Fonti: 31mag.nl – Vox
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